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venerdì 4 giugno 2010

La riforma non ha tagliato niente. Napolitano e' stato indeciso nel firmare perche' si tagliava alle "caste".

Sembra passato un secolo da quando giorni fa Tremonti annunciava agli italiani: “Taglio del 5% degli stipendi dei parlamentari? È solo l’aperitivo”. Tutti si attendevano che la manovra avrebbe tagliato tutto. Ahimè, alla luce di quanto e’ accaduto in Parlamento purtroppo non e’ andata cosi’. Sono stati in molti a fermare la mano del Ministro del Tesoro che voleva “veramente” procedere a tutti i tagli degli sprechi e dei privilegi. A bloccare Tremonti sono stati, tra gli altri, Silvio Berlusconi, Gianni Letta e Giorgio Napolitano. Stiamo attenti che a scherzare con il fuoco ci si può bruciare. I cittadini sono pronti a sopportare qualche sacrificio se tutte le classi dirigenti sono le prime a dare l’esempio. In passato, quando le “pesantissime” manovre erano fatte “esclusivamente” a discapito dei cittadini, sono state approvate senza alcun problema dal Presidente della Repubblica. Ma se si tagliano gli stipendi ai magistrati, ai parlamentari ed ai burocrati con 80 mila Euro l’anno in su, ecco che al Presidente della Repubblica gli “trema” la mano e ci pensa due volte prima di firmare. Quando la nave rischia di affondare per troppo peso, si getta a mare la zavorra e tutto quanto rende difficile il galleggiamento dell’imbarcazione per salvare il carico di lingotti d’oro e di oggetti preziosi (l’Italia laboriosa e la gente seria), salvando la nave (l’Italia) e la vita dell’equipaggio (i cittadini italiani). Il Governo, le parti sociali, i vari ministeri, i magistrati, i partiti, i gruppi di pressione ed il Presidente della Repubblica diventano troppo “sensibili” quando invece ad essere sacrificate sono le varie “caste” ed il loro “sottobosco” . Un esempio? Mentre il governo chiede di fare in fretta la manovra, il Parlamento “cincischia” su una decisione che ormai e’ insostenibile, si tratta della questione dei doppi e tripli incarichi dei parlamentari. Il che significa doppi e tripli “stipendi” piu’ rimborsi e prebende di ogni specie e sottospecie. La giunta delle elezioni ha rinviato ancora una volta la decisione sugli incarichi plurimi. Gli “sfruttatori”, ogni tanto vanno in Parlamento, poi fanno la loro “comparsata” come Sindaci in comune e come consiglieri in regione o nella provincia senza che sentono la minima vergogna. Dovrebbero scegliere soltanto una tra le “cadreghe” pubbliche che occupano. Non si tratta di una questione giuridica, ma di buon senso, di buon gusto e di rispetto del cittadino al quale oggi si chiedono sacrifici. E’ vero o no che l’esempio viene dall’alto? La manovra doveva essere di sacrifici e di responsabilità politica e si sapeva che avrebbe scontentato un po’ tutti, ma che era necessario varare per “accumulare” risorse per far ripartire l’economia e mettere l’Italia a riparo di guai futuri piu’ seri. Ma quando ci si trova a dover fare sul serio ci si accorge che chi e’ al governo agisce con “timidezza”. Tutti, ma proprio tutti, gli schieramenti politici da anni vanno ripetendo che e’ “urgente” tagliare i costi della politica e ridurre il numero dei parlamentari, ma poi, quando si trovano al governo, cercano di rimandare la palla nel campo avversario e non si fa mai nulla. Qual’e’ il problema? Presto detto. Negli ultimi anni chi si e’ trovato a governare ha sempre tenuto conto degli “onnipotenti” sondaggi e ha sempre agito per continuare a “piacere” per mantenere sempre alto il suo “gradimento”. Cosi’, alla fine, ogni riforma non ha tagliato un bel niente a nessuno mentre ha sempre aumento le tasse. Se tutte sommate le finanziarie degli ultimi venti anni fossero state “vere”, l’Italia sarebbe uno dei Paesi piu’ economicamente virtuosi ed avrebbe di molto ridotto il suo debito pubblico che ora non sarebbe piu’ “mostruoso”. Il problema di sempre e’ che, il Governo che e’ in carica, deve evitare di far “dispetti” alle “caste”, sempre potentissime ed ora come non mai, ma, nello stesso tempo, deve “illudere” gli elettori che non sta guardando in faccia a nessuno: e’ sempre stata una finzione. L’art. 1 della Costituzione recita: “L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”. Quindi, chi e’ al governo ha l’obbligo “primario” di favorire il lavoro per tutti, perché lavorare e’ la massima e piu’ nobile espressione democratica. Chi e’ povero non solo e’ schiavo del bisogno, ma e’ indifeso da tutti. Se “la sovranità appartiene al popolo” chi e’ stato eletto deve curare “principalmente” gli interessi dei cittadini e deve avere il coraggio di assumersi anche gravi responsabilità per il benessere dell’intero Paese. E’ triste affermarlo, ma in questi primi 64 anni dalla fondazione della Repubblica, l’articolo uno della Costituzione (ma non solo questo) non ha avuto mai applicazione. Per creare lavoro “produttivo” per le nuove generazioni e i disoccupati, la manovra doveva tagliare di piu’ intervenendo piu’ in profondità nella struttura della spesa “parassitaria” e dei “privilegi”, ma il governo si e’ astenuto da farlo per evitare che le “caste” si mettessero di traverso. Tremonti e’ stato costretto a “frenare”, ma lui personalmente avrebbe tagliato tutto quello che era veramente necessario tagliare. Purtroppo la classe dirigente politica, che comprende maggioranza e opposizione, non ha una “visione” condivisa sul futuro dell’Italia. Allora prevale il “volemose bene” facendo correre il rischio all’Italia di finire come la Grecia se nessuno deciderà di invertire la rotta. Berlusconi ha detto che non ha i poteri del premier inglese o del Presidente della Repubblica francese. Si sente come un barcaiolo che governa la barca con un solo remo, in un mare in tempesta, mentre chi e’ fuori dalla barca cerca di farla “affondare” e quelli che sono dentro passano il tempo ad “azzuffarsi”. Quanto al popolo, non e’ mai contento ed e’ convinto che ogni governo sia peggiore dell’altro. Non capisco perché mai una persona dovrebbe vivere continuamente in ansia, avere giornate di lavoro senza fine, sentirsi insultare da mane a sera dai giornali e da tutti i media, prendersi cavalletti fotografici in testa e riproduzioni del Duomo di Milano in faccia, non vedersi mai riconosciuto un merito, e ancora insista a voler continuare a fare il suo dovere. Sicuramente e’ una questione di mentalità. Lui e’ ancora convinto che abbia “l’obbligo” morale ed il “dovere” di impegnarsi per trasformare l’Italia in un Paese che sia al pari dei migliori al mondo. Pensate un momento solo che cosa accadrebbe se Berlusconi ad un tratto dicesse: “Andate tutti a farvi benedire e cercatevene un altro”. Provocherebbe immediatamente una crisi ministeriale e una crisi di identità nazionale. L’era post Berlusconi porterebbe un inesplicabile caos e darebbe inizio a spietate ed infinite lotte intestine dentro ogni fazione politica per prevalere l’una sul’altra. L’Italia rimarrebbe a lungo disorientata e precipiterebbe negli ultimi posti di qualsiasi classifica mondiale. E’ vero che nessuno e’ insostituibile, ma se Berlusconi decidesse di andarsene, di certo per l’Italia sarebbe un disastro. Le “caste” delle classi dirigenti riprenderebbero il sopravvento, non solo quelle politiche, ma anche quelle accademiche e della cultura, il sindacato e le professioni, le banche e le grandi imprese, l’alta amministrazione e i magistrati, e per l’Italia sarebbe la fine per sempre. Visto che Berlusconi e’ “condannato” a rimanere al suo posto, almeno sino al 2013, se vuole essere ricordato nei libri di storia come il miglior Premier di tutti i tempi, deve tentare con tutte le sue forze d’imporre le riforme che l’Italia attende da anni e che non può piu’ fare a meno.