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sabato 19 giugno 2010

Mascalzoncelli e mascalzoni d'Italia.

Carlo De Benedetti (1934) e Silvio Berlusconi (1936) da anni sono i principali protagonisti dell’economia e della politica italiana. Carlo De Benedetti e’ nato da una famiglia benestante ebrea ed e’ fratello di Franco Debenedetti (nonostante il cognome diverso per errore dell'ufficiale d’anagrafe) ex senatore Ds-Ulivo. Si e’ laureato in ingegneria elettrotecnica nel 1958 al Politecnico di Torino per poi entrare nella “Compagnia Italiana Tubi Metallici” del padre. Assieme al fratello Franco acquisì, nel 1972, la “Gilardini”, una società quotata in borsa che i due fratelli trasformeranno in una “holding” di successo, impiegata soprattutto nell'industria metalmeccanica. Nel 1974 Carlo De Benedetti fu nominato presidente dell'Unione Industriali di Torino e ricoprì nella “Gilardini” le cariche di presidente ed amministratore delegato fino al 1976 quando, grazie all'appoggio di Umberto Agnelli, suo vecchio compagno di scuola, ottenne la carica di amministratore delegato della FIAT. Come “dote” portò il 60% del capitale della “Gilardini”, che cedette agli Agnelli, in cambio di una quota azionaria della FIAT (il 5%). De Benedetti tentò di mettere nei posti strategici manager a lui fedeli (a cominciare dal fratello Franco). Dopo quattro mesi, a causa di “divergenze strategiche”, abbandonò la carica in FIAT. Per alcuni, i due fratelli avrebbero trovato un ostacolo insormontabile in una parte della dirigenza FIAT, piu’ legata alla famiglia Agnelli, che avrebbe scoperto un tentativo di scalata della società da parte di Carlo De Benedetti e fratello, appoggiata da gruppi finanziari elvetici. Vatti a fidare degli amici, avranno pensato gli Agnelli! Con il denaro ottenuto dalla cessione delle sue azioni FIAT, De Benedetti rilevò le “Compagnie industriali riunite” (CIR), garantendosi anche il controllo azionario del quotidiano “La Repubblica” e del settimanale “L'espresso”. Silvio Berlusconi e’ nato a Milano. Suo padre era un impiegato di banca. Dopo aver completato i suoi studi secondari nella scuola Salesiana, ha studiato legge all’Università Statale di Milano, laureandosi nel 1961 con una tesi sugli aspetti giuridici sulla pubblicità. Aveva già quel pallino! Durante i suoi studi universitari suonava il contrabbasso in un’orchestrina formata anche dall’attuale Presidente di “Mediaset” Fedele Confalonieri, che suonava il piano. Spesse volte il complesso musicale lavorava nelle navi da crociera che facevano spola da Genova a New York. Ma sin dal 1960 Berlusconi, collaborando con lo zio che era un piccolo costruttore edile, sviluppò l’idea di costruire Milano 2, una città-giardino di circa 10.500 appartamenti, che fu costruita a Segrate nella periferia est di Milano. Successivamente, nel 1973, entrò nel mondo dei media con la creazione di una piccola società di televisione via cavo: Telemilano. Quindi acquistò due nuovi canali, iniziando a trasmettere via etere. Nel 1978 formò il gruppo “Fininvest”. Complessivamente, nei cinque anni successivi (dal 1978 al 1983), guadagnò 113 miliardi di lire (circa 55/57 milioni di Euro). Le reti televisive della “Fininvest” si espansero in tutto il Paese. Nel 1980 Berlusconi organizza in Italia la prima rete privata nazionale costituita da “Canale 5”, nel 1982 gli affianca canale “Italia 1” acquistato dalla famiglia Rusconi ed infine, nel 1984, acquista “Rete 4” da Mondadori. Il 16 ottobre 1984, i giudici in Torino, Pescara e Roma, ordinarono le cessazioni delle trasmissioni dei canali televisivi di “Mediaset” in esecuzione di una legge vigente. Quattro giorni dopo, 20 ottobre 1984, il governo in carica di Bettino Craxi varò un decreto di emergenza nazionale per legalizzare le stazioni televisive di “Mediaset”. Dopo molte battaglie politiche, nel 1985 il decreto fu approvato definitivamente. Ma per alcuni anni, i tre canali di Berlusconi rimasero nell’incertezza, e non avevano il permesso, per esempio, di trasmettere notizie e commenti politici. La questione fu risolta definitivamente nel 1990 con la legge che “disciplina il sistema radiotelevisivo pubblico e privato”, detta “legge Mammi’” dal nome dell’allora ministro delle poste e telecomunicazioni il repubblicano Oscar Mammi’. Nel 1995, Berlusconi vende una parte delle sue quote. Il gruppo “Finivest”, che e tra le dieci piu’ grandi aziende italiane ed impiega circa 60 mila persone, oltre alle televisioni, e’ azionista di aziende assicurative come la Mediolanum, bancarie, finanziarie, di editoria come la Mondadori, della squadra di calcio AC Milan ed altre decine di aziende. Berlusconi, insieme al Principe saudita Talal Al-Walled, e’ azionista di “Mediaset” che e’ quotata in borsa. Sono 300 mila i pensionati italiani che posseggono azioni “Mediaset”. Secondo la rivista “Forbes”, Berlusconi e’ la terza persona piu’ ricca d'Italia (dopo Ferrero, Nutella e Del Vecchio, Luxottica). E’ evidente che le carriere professionali di Carlo De Benedetti e di Silvio Berlusconi ebbero inizi molto diversi. Il primo e’ partito da una solida base finanziaria, il secondo e’ il classico “self made man” che e’ partito da zero. Tra i due non c’e’ mai stata simpatia e spesso si sono trovati l’uno contro l’altro. Una delle loro battaglie piu’ famose (oltre al cosiddetto “Lodo Mondadori”) e’ stata l’affare SME (Small and Medium Enterprise). Nell'aprile 1985 Romano Prodi, a quell’epoca presidente dell’IRI (Istituto per la Ricostruzione Industriale fondato nel 1932), “sceglie” a sorpresa Carlo De Benedetti come azionista di maggioranza della SME, fiore all'occhiello dell'industria agro alimentare italiana, definita dallo stesso Prodi “perla del gruppo IRI” che raggruppava Motta, Alemagna, Bertolli, Supermercati GS e Autogrill. Altre ditte concorrevano alla trattativa. Oltre alla cordata Barilla-Ferrero-Fininvest, la Lega delle Cooperative, Unicoop e la Cofima (gruppo di imprenditori meridionali). La vendita, un “regalo” di Prodi all’amico De Benedetti, era incomprensibile sia da un punto di vista economico che da quello procedurale. Fu venduto il 64% della SME per 497 miliardi di lire, con pagamenti “rateali”. La società aveva disponibilità di cassa per 80 miliardi di lire (40 milioni di euro) e utili (nel 1985) per 60 miliardi di lire. Inoltre aveva una capitalizzazione di 1.300 miliardi di lire, era “scandaloso” che si vendeva la società per una cifra molto inferiore al suo valore di mercato, e per questo motivo la vendita fu bloccata dall’allora presidente del Consiglio, Bettino Craxi. De Benedetti citò l'IRI in giudizio davanti al Tribunale di Roma, presieduto dal giudice Filippo Verde, e nel 1986 il ricorso fu respinto. Nel 1995 Silvio Berlusconi, Cesare Previti e Attilio Pacifico furono accusati di aver corrotto i giudici del processo SME, Filippo Verde e Renato Squillante (Giudice delle Indagini Preliminari), che bocciarono il ricorso di De Benedetti. Berlusconi e’ stato “assolto”. Nel 1993, durante “Mani Pulite”, Carlo De Benedetti, allora presidente dell’Olivetti, fu “arrestato” per aver ammesso di aver pagato una “bustarella” di 10 miliardi di lire ai partiti che erano al governo per ottenere la fornitura allo SPI (Servizio postale italiano) di nuove telescriventi e computers. De Benedetti non fu mai processato perché il reato cadde in “prescrizione”. Politicamente qual’e’ la differenza tra Berlusconi e De Benedetti? Berlusconi ha avuto il coraggio di scendere in campo in prima persona. Da quel momento, e’ entrato nell’occhio del ciclone della magistratura politicizzata che sta tentando di eliminarlo con tutti i mezzi. L’azione dei magistrati e’ sempre stata sostenuta dalle campagne diffamatorie de “La Repubblica” e de “L’Espresso” di proprietà di De Benedetti. L’ingegnere "furbescamente", rimane sempre nascosto dietro le quinte e con piu’ “rilassatezza” può contrastare e mettere in difficoltà il suo “nemico” giurato continuando, nel frattempo, a guadagnare “montagne” di denaro “parassitario” speculando in borsa. Da italiano che non ama l’Italia, nel 2009 De Benedetti si e’ “naturalizzato” svizzero. Ha giustificato questa scelta con motivi “affettivi”. Si, quelli di pagare meno tasse? Francamente pero’ mi ha sorpreso l’intervista che De Benedetti ha rilasciato pochi giorni fa riportata dal Corriere della Sera. Pensa questo di Berlusconi: “E’ talmente così fuori di testa che pensa di fare il bene del Paese. Non e’ un mascalzone, e non e’ assolutamente una carogna. Silvio Berlusconi e’ quello che siamo tutti noi, solo che nel caso suo e’ portato all'estremo. E’ l'Alberto Sordi della politica. Noi siamo un po' bugiardi, un po' mascalzoncelli, un po' gradassi. Per questo anche un po' simpatici. Lui ha messo insieme tutte queste cose e le ha elevate al cubo. E infatti ha avuto pure successo”. Queste dichiarazioni, rilasciate da un acerrimo nemico, sono al pari di lusinghieri complimenti. Ma intanto senza interruzione De Benedetti continua ad usare come bombe “La Repubblica” e “L’Espresso” che da anni diffondono calunnie sul premier. I due giornali sono i maggiori responsabili della pessima reputazione che gode l’Italia all’estero. La differenza tra De Benedetti e Berlusconi e’ sostanziale. Mentre il primo, comodamente in poltrona dalla Svizzera, “specula” in borsa e studia come eliminare Silvio, il secondo, che tranquillamente potrebbe godersi la vita per i prossimi mille anni, rischia ogni giorno la pelle e si sta dannando l’anima per cercare di salvare il salvabile della “disastrata” Italia dove, si e’ vero, ci sono tanti “mascalzoncelli”, ma anche molti autentici “mascalzoni”.