Powered By Blogger

giovedì 22 dicembre 2011

La celebrazione della nasciata del "povero" di Betlemme e' diventata una festa "pagana" che ignora i "fratelli" poveri.

Il Natale, che dovrebbe essere un importante momento di “raccoglimento”, e’ diventato da tempo la più grande di tutte le “farse”. E’ la festa dello “spreco”, del “superfluo”, della “ipocrisia”. In pochi riescono a sfuggire a questa convenzione sociale del tutto “pagana”, mentre dovrebbe essere la festa della “cristianità” per eccellenza. Il problema non sono i “regali” in sé, ma tutte le complicazioni che questa mentalità dello “sperpero” ci ha imposto. Che regalo fare, dove andare a prenderlo, quanti soldi spendere, quante ore di coda….. Senza considerare l’imbarazzo che si crea quando se ne riceve uno di cui non si ha assolutamente bisogno o che, semplicemente, non ci piace. Vogliamo parlare di quei bambini che, dopo aver ricevuto in un quarto d’ora i regali “che si dovrebbero ricevere nell’arco dei primi diciotto anni di vita”, riempiono di “allegria” natalizia la casa con dei “laceranti pianti isterici” perche’ voleva un giocattolo diverso? Non c’e’ nulla di male scambiarsi regali il giorno di Natale, ne’, in fondo, di avere il piacere di fare il presepe (per chi ancora lo fa), addobbare l’albero, porte e finestre. Fa parte dei nostri usi, delle nostre tradizioni. Lo si e’ sempre fatto. Ma rendiamoci conto che “abbiamo passato il limite” tappezzando intere città (e soprattutto interi centri commerciali) di fiocchi di plastica, di luci decorative già dall’inizio di Novembre. E’ pazzesco! Non e’ decisamente troppo in anticipo? Ma chi l’ha deciso? Il fatto d’iniziare a parlare di Natale due mesi prima riduce l’intensità della gioia e della “magica” atmosfera che si dovrebbe provare durante le feste. Ma per fortuna “sembra” che sia iniziato il “rigetto” a questo “sfrenato” ed “insensato” consumismo: quest’anno le vendite non saranno ai livelli degli anni precedenti. Ma sarà vero? Sarebbe un buon segnale. In questo modo riusciremo forse a ridare il giusto valore non solo ai “doni”, ma al Natale stesso per quello che rappresenta a livello religioso. Ci aiuterà a capire che lo scambio del dono dovrebbe essere un piacere, un gesto spontaneo, non una forzatura. Dovrebbe poi farci ricordare dei poveri soli e’ abbandonati, per lo piu’ anziani, che ogni giorno sono sempre di piu’. Visitate una qualsiasi casa di riposo e vi accorgerete quanti ce ne sono. Non e’ di “moda” oggi parlare dei poveri. Eppure sappiamo tutti quanto sia grande il dramma della povertà nel mondo. Per noi cristiani dovrebbe essere uno “scandalo” insopportabile. E se la povertà e’ uno scandalo, oggi lo e’ in maniera “imperdonabile”. Nella storia umana, infatti, non ci sono mai stati tanti poveri come oggi, eppure mai il mondo e’ stato così ricco. Gesù usava il termine “fratello” solamente riferendosi ai “discepoli” e ai “poveri” e disse: “Quello che avete fatto al più piccolo dei miei fratelli l’avete fatto a me”. A che serve la tavola sovraccarica di tanto ben di Dio quando c’e’ chi patisce o muore di fame? Cominciamo a “saziare” gli affamati, soprattutto quelli bisognosi di “affetto” perche’ soli ed abbandonati e poi, quello che ci resterà, sarà piu’ che sufficiente. In un brano del Vangelo di Matteo Gesu’ dice: “Avevo fame e mi hai dato da mangiare” e in una parabola e’ stato detto: “i poveri hanno bisogno della parola e non solo di aiuto: date col pane la vostra parola…” Si, c’è bisogno di parole e di amicizia e così il povero lo sentiremo nostro familiare, un familiare che si trova nel bisogno. Certo i poveri non sono “attraenti”, anzi normalmente “imbarazzano”. E spesso accade che allunghiamo il passo quando vediamo un povero che chiede aiuto. Eppure i poveri devono essere il “metro di giudizio” della civiltà che abbiamo creato. Avere vera attenzione dei poveri, non come si fa con i mendicanti cui si getta una monetina pensando di mettere a posto la propria coscienza, significa vedere nel loro volto quello di Gesu’. E’, infatti, nei poveri, nelle loro concrete storie, che Gesu’ si e’ identificato. E’ ai poveri che Gesu’ ha rivelato cose che ha taciuto ai sapienti e ai potenti della terra. Infatti Gesu’ conosce i poveri “per nome”, come si legge in una parabola: “….il Signore narrando di un povero e di un ricco, dice il nome del primo e tace quello dell’altro, se non per dimostrare che Dio conosce gli umili ed e’ vicino a loro, mentre non riconosce i superbi”. I poveri sono “fratelli” come li considerava Gesu’. Ecco perché cristiani sono coloro che hanno “un povero per amico” e non ambiscono all’amicizia dei potenti, dei ricchi, belli e famosi. Si, essere “cristiano” vuol dire dare amicizia ad un “povero” e invitarlo spesso a tavola soprattutto a Natale. Questa sarebbe la maniera per festeggiare “cristianamente” la nascita del “povero” di Betlemme.


Parabola del buon Samaritano [Lc 10,29-37]

Ma quegli, volendo giustificarsi, disse a Gesù: «E chi è il mio prossimo?». [30]Gesù riprese: «Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico e incappò nei briganti che lo spogliarono, lo percossero e poi se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. [31]Per caso, un sacerdote scendeva per quella medesima strada e quando lo vide passò oltre dall'altra parte. [32]Anche un levita, giunto in quel luogo, lo vide e passò oltre. [33]Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto lo vide e n'ebbe compassione. [34]Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi, caricatolo sopra il suo giumento, lo portò a una locanda e si prese cura di lui. [35]Il giorno seguente, estrasse due denari e li diede all'albergatore, dicendo: Abbi cura di lui e ciò che spenderai in più, te lo rifonderò al mio ritorno. [36]Chi di questi tre ti sembra sia stato il prossimo di colui che è incappato nei briganti?». [37]Quegli rispose: «Chi ha avuto compassione di lui». Gesù gli disse: «Va e anche tu fa lo stesso».

domenica 18 dicembre 2011

Il testo del discorso che Silvio Berlusconi avrebbe voluto fare agli italiani.

La Fiamma & Il Globo - Australia




venerdi' 16 dicembre 2011




Qui sotto il discorso che il 31 ottobre 2011 Silvio Berlusconi avrebbe voluto pronunciare a tutti gli italiani per spiegare la difficile fase politica che sta attraversando l’Italia e per chiarire molti aspetti della complicata situazione economica internazionale. I suoi consiglieri piu’ stretti lo hanno dissuaso a pronuncialo. Pochi giorni dopo, constatato che gli sarebbe stato impossibile continuare a governare, pur non essendo stato “sfiduciato” dal Parlamento, con un atto “responsabile” e di “amore” per l’Italia, si fece da parte per dar spazio a Mario Monti. Non resta che pubblicarlo a futura memoria.

Cari concittadini, care italiane e italiani. Come sapete, l’Europa, quella che dal dopoguerra abbiamo imparato a considerare la nostra grande, pacifica e democratica seconda patria, sta passando un brutto momento. Gli sforzi che i Paesi membri hanno fatto nell’ultimo vertice a Bruxelles sono stati salutati con ottimismo dai mercati ma potrebbero ancora non bastare a portare l’unione fuori dalla crisi e salvare l’euro dal tracollo. Anche l’Italia sta passando un brutto momento. Siamo uno dei Paesi tra i più indebitati dell’Unione, ma siamo un grande Paese, per questo il nostro debito minaccia e spaventa gli altri paesi europei e le loro banche che sono nostri creditori. Il debito italiano non è storia di oggi, il nostro Paese e l’Europa hanno imparato a conviverci dal almeno tre decenni. L’Italia l’ha sempre onorato e chi ci ha prestato denaro ne ha tratto il suo giusto e sicuro profitto. E’ il contesto generale che è cambiato ed è cambiato con la crisi finanziaria globale del 2008 esplosa negli Stati Uniti su cui si è poi innestata la crisi del debito greco. Ci siamo tutti improvvisamente accorti che le regole che hanno presieduto alla nascita dell’Euro “erano sensate e funzionanti in periodi di crescita economica”, quando tutti i membri potevano trarne reciproci vantaggi; in periodi recessivi o di crisi “quelle stesse regole si sono rivelate inadeguate e anche pericolose”: hanno messo i Paesi dell’eurozona in “competizione tra di loro” e soprattutto hanno lasciato l’Euro “privo di difese credibili” dalla naturale propensione dei mercati alla speculazione. Così i Paesi più ricchi e sani si barricano dietro il rispetto di quelle vecchie regole, mentre i paesi in difficoltà si trovano a chiedere più sostegno e più flessibilità anche al di fuori dei trattati. “Il problema è che hanno entrambi torto e entrambi ragione”. Come vedete non si tratta di un problema “Italia” per l’Europa, come certa stampa e certa opposizione vogliono farvi credere. Certo il debito al 120 per cento del Pil pesa negativamente sulla nostra reputazione, e come ogni padre di famiglia sa, quando ci si indebita “il creditore ha diritto di parola sui nostri conti”, specie se si è costretti a chiedere ancora prestiti. Ma finché si è in grado di risarcire il proprio debito come l’Italia ha fatto fino ad ora ed è perfettamente in grado di fare in futuro, “il problema del debito è solo teorico”, vorrei dire, “accademico”. Mentre è purtroppo molto “concreto” il fatto che l’Europa e la Bce (Banca Centrale Europea) “sono strutturalmente incapaci” di fare fronte ad un eventuale default delle dimensioni di quello italiano. In questo senso i poteri della Federal Reserve americana, della Bank of England o della banca centrale del Giappone “sono molto più ampi e decisivi nella protezione delle rispettive valute”. Per questo quei Paesi, pur pesantemente indebitati, “riescono a finanziarsi a costi molto inferiori” dei Paesi europei in difficoltà. L’Italia si è comunque impegnata a fare la sua parte per tranquillizzare i mercati e contribuire alla soluzione della crisi europea. “Non abbiamo subito diktat da nessuno”, non sono le banche a scrivere i programmi di governo, sarebbe uno scandaloso tradimento di ogni regola democratica. Abbiamo invece messo insieme un pacchetto di misure che ci convincono e che sappiano da tempo essere necessarie. “Sono misure all’apparenza impopolari e certamente costose”, ma se si guarda per un attimo all’interesse generale senza cercare di trarre da questo difficile frangente vantaggi di parte, non sarà difficile ammettere che, “se approvate nei tempi previsti”, possono rimettere in piedi il Paese “senza lasciare indietro nessuno”. Molti dicono che si tratta di riforme da troppo tempo attese e mai realizzate, di un libro dei sogni che ormai non possono più avverarsi. E’ un argomento forte e suggestivo. “Non ho difficoltà ad ammettere che in questo Paese fare le riforme è quasi impossibile”, essendo troppi gli interessi particolari, le lobbies, le corporazioni che hanno imparato negli anni a “paralizzare la macchina del cambiamento”. E non ho scrupoli ad ammettere, come già credeva Guido Carli, che un vincolo esterno, quale quello Europeo, avrebbe potuto aiutare l’Italia ad accettare riforme “altrimenti impossibili”. Oggi siamo di fronte a questo vincolo in maniera più stringente che mai, “ma non si tratta di un diktat o di un commissariamento”, come con una buona dose di “ipocrisia” i nostri avversari vogliono farvi credere. Dell’Europa l’Italia è un Paese fondatore, oggi al vertice della Banca Centrale c’è un italiano, le leggi e le regole che ci vincolano le abbiamo scelte, create e volute anche noi. Si tratta solo di ammettere che il punto di vista europeo ci fa guadagnare un orizzonte più ampio rispetto alle nostre “dispute di bottega”, del nostro “teatrino” e dei nostri interessi di parte. Non è perché quelle riforme siano state tanto attese e tante volte rinviate o sconfitte che oggi siano divenute meno necessarie. Al contrario “vanne fatte subito” e possibilmente “con l’accordo di tutti”. Se non ora quando? Altri ancora ci accusano, con i nostri impegni verso l’Europa, di voler fare “macelleria sociale”, di colpire i più deboli, di fare strame dei diritti civili e di suscitare la rivolta delle piazze. “Questo è argomento già molto più dubbio e tendenzioso”. Perché a sollevare queste obiezioni sono gli stessi che il giorno prima ci accusavano di aver perso la fiducia dell’Europa, di non volerci piegare alle sue richieste e di aver preparato un documento “papocchio” solo per prendere tempo. Poi una volta che l’Europa, in tutte le sue espressioni istituzionali, “ha approvato, accolto e reso vincolante quel documento”, veniamo accusati di fare esattamente quello che ci chiede l’Europa per ristabilire la fiducia. Si tratta di “schermaglie indegne di un Paese maturo e democratico” come il nostro e inadeguate al momento drammatico che stiamo attraversando. Non so se ci sia in serbo per gli italiani un governo migliore di quello in carica. Un governo in grado di garantire maggiore stabilità politica, “più efficacia nelle decisioni” e maggiori garanzie per l’Europa. A me non pare di vederlo in nessuna delle formulazioni politiche o istituzionali fin qui emerse. Se ci fosse, se avanzasse proposte concrete, “se si vedesse emergere una leadership alternativa forte e condivisa non avrei remore a fare un passo indietro”. Ma non lo vedo, e il tanto atteso, richiesto e preteso passo indietro del premier oggi sarebbe solo una fuga e getterebbe l’Italia nel baratro dell’incertezza e dell’avventurismo. “Non voglio dire che il mio governo sia oggi il migliore possibile”, di certo è il “migliore disponibile”. Per questo vi chiedo, care italiane e cari italiani, “di non cedere alla suggestione della protesta e magari della violenza”, di fare la vostra parte come avete sempre fatto e “di tifare per l’Italia” fino alla fine di questa legislatura. Portiamo insieme il Paese in acque sicure: “è tutto quello che desidero e per cui sono impegnato”. Qui davanti a voi annuncio che non sarò candidato nel 2013: se quello che desiderate è la mia uscita di scena, “eccola ormai prossima”. Chiedetevi se ha senso e se serve mettere a rischio il Paese per tentare di anticiparla.

Giorgio Napolitano ha “manovrato” per mettere in piedi il governo Mario Monti convinto che potesse fare “mari e monti” ed invece sta dimostrando tutti i suoi grandissimi limiti. Monti ed i “cervelloni” ha presentato una “manovra” piena di “sacrifici” (cosa che non sarebbe stata concessa a Berlusconi) che non fa altro che “aumentare ancora di piu’ la pressione fiscale”. Come si possono accettare sacrifici quando la politica e’ ben lontana di voler dare l’esempio? È “scandaloso” che si mantengano “odiosi privilegi” a favore di chi ha condotto l’Italia a questo disastro. Ci sarebbero gli estremi per “ribellarsi” e rispedire al mittente la manovra costruita dai “cervelloni” che considerano il popolo “cretino”, disposto a subire qualunque sopruso. Prima sarebbe stato necessario un rilancio dell’economia per permettere al Paese di creare piu’ ricchezza. Invece di pensare al rilancio e alla produzione, i “cervelloni” parlano, con “finta commozione”, di “stringere la cinghia” e di accettare con “rassegnazione” i “sacrifici”. Gli italiani hanno già iniziato a rimpiangere il governo Berlusconi.