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mercoledì 26 dicembre 2012

Pietro Inchino (pd) ha scritto l'Agenda Monti.


24 dicembre 2012
Scritto da Di Bartolomeo.

Lo rivela stamani Dagospia, ed è stato confermato da coloro che hanno scaricato dal Corriere della Sera il documento da cui infatti risulta che il suo autore è il piddino Pietro Ichino, che infatti si prepara a lasciare il Pd per transumare nel nuovo partito che nascerà a sostegno di Mario Monti. Il Corriere della Sera ha provveduto a chiudere i commenti per non essere alluvionato dalle invettive dei suoi lettori, ma ciò non è servito a niente, essendo la notizia trapelata facendo gridare allo scandalo.

Monti dunque ne esce scornato, confermando la sua completa insipienza di politico, dopo aver confermato a chi lo conosceva già molto bene (alcuni amici di studi e alcuni amici bocconiani) le sue carenze in economia.

Purtroppo, e dobbiamo ringraziare (si fa per dire) Napolitano per questo, a fare le spese della sua incompetenza siamo stati solo noi italiani, specialmente il ceto medio, mentre i servizi resi all’Europa dei potenti hanno posto l’Italia nella triste condizione di vassallo, se non addirittura di valvassore, soprattutto della Germania, la quale già sapeva che imporre all’Italia un simile e grigio burocrate avrebbe fatto i suoi interessi.Ieri Monti si è rivelato quale è: superbo, sprezzante, orgoglioso, che sono proprio i difetti dei personaggi sprovvisti di carisma, ed anche intimamente convinti dei propri limiti. Quei difetti sono in realtà una esigenza difensiva affinché il re saputello non appaia in tutta la sua nudità.

Ha volutamente tenuto nascosti i dati fallimentari del suo governo e ha redatto una specie di decalogo divino cui lui stesso farebbe fatica a tener fede.

Inoltre ha mostrato tutta la sua pavidità, come accennavo nel mio precedente articolo. Quell’armiamoci e partite è stato infatti il senso del suo discorso. Oggi nessuno sa che cosa Mario Monti vorrà fare da grande. Aldo Moro lo avrebbe eletto a suo eccellente ed incomparabile epigono; le famigerate convergenze parallele hanno trovato nel politico Monti il vessillifero del terzo millennio, e solo Mario Calabresi de La Stampa pare sia riuscito ad individuare lucidità e chiarezza in un discorso così ambiguo e indeciso. Se disgrazia vorrà che l’Italia sia colpita dalla sciagura di un Monti-bis, ricordiamoci di segnalare Mario Calabresi come indispensabile e ineludibile sottosegretario alla presidenza del consiglio, visto che sarà l’unico a capire e a trovare eccellente tutto quanto farà e ci racconterà Mario Monti.

Ma voglio sperare che gli elettori che ieri l’hanno ascoltato si siano resi conto della effettiva piccola dimensione del tecnico chiamato euforicamente a salvare l’Italia.

Il mio augurio è che, volendo “ascendere”, sparisca dalla scena politica per sempre.





Tutti con Mon-TINA....o no?


24 dicembre 2012

di PierGiorgio Gavronski

(da “il FattoQuotidiano”, 24 dicembre 2912)

In conferenza stampa, mentre sosteneva che l’Italia è uscita dalla crisi finanziaria, Monti ha ricordato con fastidio “i grafici che alcuni giornali vi mostreranno … su certe variabili…”, che confutano quella tesi. “Ma come si può pensare che, avendo dovuto fare interventi pesanti, aumentando le tasse, tagliando le spese, la crescita non ne avrebbe sofferto?”. Ben detto! E chi ha pensato, detto, scritto, una cosa del genere? Ricordiamolo: fu quel Ministro dell’Economia che il 6/12/2011 firmò il decreto ‘Salva Italia’. Quelle valutazioni ottimistiche, diciamo pure fantasiose, furono alla base delle politiche adottate.

Se Monti aveva capito le conseguenze economiche delle sue politiche, perché nel Dicembre 2011 mentì al paese? Se invece non aveva capito, perché oggi rivolta la frittata e tenta di attribuire ai suoi critici le sue fantasie? Perché non si può avere un dibattito onesto? Di fronte alla crisi in atto, quale credibilità ha un leader che per sua ammissione (dati e parole sue) mente al paese, o è “uno stolto”?



Monti ha anche criticato quelli che pensano che sia stata la BCE, non lui, a far calare gli spread, ricordandoci, grazie, che la BCE non sarebbe intervenuta se l’Italia non avesse fatto austerità. Ciò non toglie che le politiche di austerità fossero in parte sbagliate; perciò andavano contrattate, non applicate con entusiasmo. Inoltre, all’interno delle indicazioni della BCE c’erano margini per politiche meno depressive. Ad es. alzare l’Irpef sui redditi oltre 100.000 euro, invece che le accise; o tagliare i costi della politica (questo fallimento è colpa dei partiti, ma non solo); o varare tagli strutturali ad impatto differito. Dagli errori dovremmo trarne lezioni, non arroccamenti.



Apparentemente, oggi Monti se l’è presa con Berlusconi:facile bersaglio. (Speriamo che a destra regolino definitivamente i conti con il caudillismo neofascista, sostituendogli un rassemblement liberale europeista, con solide radici nella Destra Storica e nella Costituzione). Ma si tratta di un’astuzia: in realtà Monti cerca di prevenire critiche simili all’Europa e alla sua Agenda da parte di altri: ‘se lo fate, dirò che siete come Berlusconi’. È campagna elettorale? Di più: cerca di delegittimare, di spegnere ogni identità alternativa. Vuole impersonare tutto: ortodossia e opposizione. Perciò racconta: ‘in Europa ridono di chi mi attribuisce una sintonia con Merkel’. È l’ennesimo minuetto degli eurocrati, divisi sui dettagli ma uniti sulla mediocre strategia neoliberista. Quando la strategia fallisce più e più volte – il successo o fallimento di una strategia si misura sempre con lo scostamento dagli obiettivi enunciati –, allora rispondono come Monti: TINA!



Ma il centro-sinistra, a partire dal Pd; non cada nella trappola. Non si lasci schiacciare sull’Agenda Monti: essere contro l’Europa delle destre neoliberiste non significa essere contro l’Europa. Il tono generale della proposta Monti è ‘alto’; contiene molte buone cose. Ma sui nodi fondamentali della crisi e dell’Europa, Bersani ma anche altri devono darsi un progetto alternativo (Vendola: non basta dire ‘alternativa’!), e svelare l’inganno di TINA. Altrimenti, fra l’Agenda Monti e una brutta copia, gli italiani sceglieranno l’originale. Neppure bisogna farsi schiacciare sulle posizioni anti capitalistiche, fuori dalla Storia, dei post comunisti, o dei ‘conservatori di sinistra’ denunciati da Monti. Ma il dibattito sulla crisi non riguarda solo gli economisti. A Monti in realtà interessa poco se il PIL scende del 2,4% invece che dello 0,4%, e la disoccupazione viaggia verso il 12%. Monti ha altre priorità: questo distingue una destra da una sinistra. Bersani non può far finta di non accorgersene: tradirebbe la sua Storia, e il suo popolo.





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Il mistero dell’”Agenda Monti”

di Carlo Tarallo

(da “Dagospia”)

A Natale attenti ai “pacchi”! Può essere taroccato tutto: borse, cinture, scarpe. E agende. Soprattutto quelle che costano care! Un giovane e sospettoso sinistrato napoletano, Amedeo Cortese, ha dato un’occhiata alla “filigrana” dell’Agenda Monti, per controllare che fosse almeno “originale”. Ha scaricato il pdf dal sito del Corriere e controllato le “proprietà”. E chi risulta essere l’autore? “Prof Pietro Ichino”. Chi? Proprio lui! Incredibile ma vero: non si sa come e non si sa perché, il file del “Memorandum per L’Italia” in vetrina su Corriere.it è stato “realizzato” da Ichino. Basta ripetere l’operazione (sito corriere-salva-controlla le proprietà) per verificare. E c’è un altro particolare curioso.

Proprio ieri il quasi-ex “giuslavorista del Pd” ha dichiarato di essere pronto a correre come capolista al Senato della Lista Monti in Lombardia. Non un posto qualunque, ma il nostro prossimo “Ohio”, ovvero una delle poche circoscrizioni “swinging” che deciderà se Bersani avrà o meno la maggioranza autonoma in Parlamento. L’uomo che nelle intenzioni del centrotavola dovrebbe fare da “apripista” (e infatti subito sono arrivati i primi addii) alla diaspora degli scontenti da Bersani verso l’Arca di Mosè.

BERSANI E DALEMA SBIRCIATINA ALLUNITABERSANI E DALEMA SBIRCIATINA ALLUNITA

2. PIETRO ICHINO UFFICIALIZZA IL SUO ADDIO AL PARTITO: “SONO PRONTO A COLLABORARE PER IL SUCCESSO DI UNA LISTA MONTI E ANCHE A GUIDARLA, IN LOMBARDIA, SE MI VERRÀ CHIESTO”

Virginia Piccolillo per il Corriere della Sera

«Ascolteremo con grande attenzione e rispetto le proposte di Monti» ma «già da domani la parola passerà agli italiani». E’ cauto il commento del segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, alle parole del presidente del Consiglio Mario Monti. Non reagisce all’analisi del premier che ha individuato nel partito tre linee diverse: «Quella Bersani, quella Fassina e quella Ichino».

PIERLUIGI BERSANI MASSIMO DALEMAPIERLUIGI BERSANI MASSIMO DALEMA

Non può. Anche perché di lì a poco Pietro Ichino ufficializza il suo addio al partito: «Sono pronto a collaborare per il successo di una lista Monti e anche a guidarla, in Lombardia, se mi verrà chiesto». Una posizione che genera allarme sull’imminente futuro del Pd, come del Pdl, e sul rischio che Monti sottragga forze a entrambi i partiti.

Massimo D’Alema non crede che destabilizzerà i due poli: «Molti ora cercano di tornare in Parlamento. E Monti può apparire una zattera di salvataggio», sottolinea da Fabio Fazio a Che tempo che fa. Ma il presidente Copasir, che nei giorni scorsi era stato duro sulla possibilità di una discesa in campo di Monti, si mostra ancora dubbioso: «Mentre lancia il messaggio chiaro di proseguire sulla via europea per l’Italia, il presidente Monti, sulle forme di un suo impegno mantiene una riserva e vedremo cosa farà. Ma ha detto con chiarezza che non sarà il capo di tutti quelli che sono contro la sinistra».

ROSI BINDI PIER LUIGI BERSANIROSI BINDI PIER LUIGI BERSANI

Al premier, D’Alema, ricorda «siamo noi quello che lo hanno sostenuto con maggiore coerenza». E fa notare: «Qui c’è da una parte il centrosinistra e da una parte Berlusconi. Sono 20 anni che è così. E noi dobbiamo fermarlo. Siamo capaci solo noi». Sulla possibilità di adeguarsi all’agenda Monti D’Alema è chiaro: «I sondaggi ci danno tra il 32 e il 36%. Sono loro che devono dire se sono d’accordo con una grande forza politica essenziale per il futuro dell’Italia».

Anche perché, aggiunge D’Alema, non basta dire che la prospettiva italiana è con l’Europa: «Io voglio un’Europa con una strategia per la crescita e per il lavoro, che combatta la speculazione finanziaria. Non andare in Europa solo perché ci dicano cosa fare. Di questo vorrei parlare con Monti».



Tanti auto-elogi poche risposte.


di Vittorio Feltri

(da “il Giornale”, 24 dicembre 2012)

Da giorni e giorni si ipotizza su tutti i giornali (senza contare altri mezzi di comunicazione) che lei sia pronto a partecipare alle prossime elezioni politiche, in veste di capo dei centristi, ma l’unica sua affermazione in proposito è stata: «Non mi piace l’espressione “scendere in politica”, preferisco “salire in politica”».

Problemi lessicali a parte, ancora non sappiamo quali siano i suoi programmi. Dalla sua bocca non è uscito nulla di preciso, tranne la solita cantilena che sintetizzo: l’Italia era sull’orlo del burrone, poi siamo arrivati noi tecnici e l’abbiamo salvata.

In che senso salvata?

D’accordo, lei ha conquistato la fiducia di Bruxelles, di Angela Merkel eccetera; la sua presenza nelle frequenti riunioni ad alto livello europeo è gradita; allo spread è stata messa la museruola e non morde più. Però, sul piano pratico, il nostro Paese – se ci atteniamo ai dati economici – sta peggio di un anno fa: il debito pubblico è mostruosamente aumentato, sfondando il tetto di 2.000 miliardi; il Pil è crollato; l’imposizione fiscale è la più alta del mondo; la disoccupazione si è impennata; la produzione industriale e i consumi sono diminuiti; il valore degli immobili è sceso a causa dell’Imu, impoverendo i cittadini (la maggioranza) proprietari di casa.

Se il quadro è questo, e lei non lo ha corretto (segno che non è sbagliato), come fa ad asserire che il suo esecutivo ha operato nell’interesse nazionale? Scusi la franchezza, presidente: se lei gode di stima e simpatia nella Ue, ma i lavoratori hanno meno soldi in tasca in quanto pagano più tasse e rischiano di perdere il posto, e i giovani non ne trovano uno, perché dovremmo ringraziarla? Su questi punti cruciali lei ha sorvolato, benché il suo discorso sia stato straordinariamente lungo, stavo per dire prolisso e curialesco.

Da un insigne docente ci attendevamo qualche spiegazione; come si può considerare positiva la sua gestione se gli indicatori economici (escluso lo spread) sono negativi? Le assicuro: sono interrogativi che si pone chiunque sia in buona fede. Perché non li ha affrontati, ma accuratamente aggirati? Sono consapevole. La maggioranza con la quale ha avuto a che fare non le ha concesso di varare riforme radicali; quella del lavoro è stata stravolta per intervento del Pd; il taglio della spesa (come mai lo chiama spending review?) è stato osteggiato dai partiti, le liberalizzazioni sono lettera morta, e mi fermo qui per carità di patria.

Lei m’insegna che per sistemare un bilancio sbagliato bisogna agire sue due fronti: aumentare gli introiti e ridurre le uscite. Altrimenti il pareggio non si raggiungerà mai. Lei è stato costretto ad azionare soltanto la leva fiscale, e l’ha fatto con brutalità. Abbia pazienza, presidente: ad aumentare le tasse sono capaci tutti, persino gli imbecilli. Finora la famosa agenda Monti ci ha riservato l’alleggerimento delle tasche. Perché allora dovremmo sperare che venga adottata anche in futuro? Per quale motivo gli elettori dovrebbero votare quei partiti che intendono farne tesoro come se fosse il Vangelo?

Infine, alcuni dubbi: lei «sale o non sale in politica»? Eventualmente salisse, in compagnia di chi? È lecito che un senatore a vita e già premier tecnico «extra partes» si getti nella mischia dei politicanti? Mi prendo una libertà: si tiri fuori dalla bagarre e aspetti sereno il risultato elettorale. Meno si agita e più crescono le sue probabilità di abitare gratis per sette anni al Quirinale, che mi dicono sia più ospitale della Bocconi.





Grazie, Professore: basta cosi'.


Scritto da Gianni Pardo

lunedì 24 dicembre 2012



Mario Monti ha tenuto una lunghissima conferenza stampa - cui solo gli appassionati del genere avrebbero potuto prestare costante attenzione - per dire che non si candida alle elezioni. Del resto, essendo senatore a vita, non ha a che cosa candidarsi. E non può certo candidarsi a Presidente del consiglio, per la buona ragione che quest'ultimo non è eletto dal popolo. Al massimo la prassi vuole che il Presidente della Repubblica lo scelga nella persona del leader della formazione che ha avuto il massimo dei voti.

Se Monti fosse il segretario di un partito che ottenesse la maggioranza relativa (cioè fosse il più votato) nulla impedirebbe al Presidente della Repubblica di incaricarlo della formazione del nuovo governo, sia che fosse un parlamentare sia che fosse un quisque de populo: per questa carica si richiede solo il godimento dei diritti politici. Se dunque Monti fosse il leader del partito Italia Europea, e l'Italia Europea avesse la maggioranza relativa, sarebbe normale farne il Presidente del Consiglio incaricato.

Ma Monti non è il leader di un partito. È solo un nome che, essendo ricoperto da lodi e da grande stima (non si sa quanto giustificate) è l'oggetto del desiderio di coloro che vorrebbero approfittare di lui come bandiera, termine volgarmente tradotto in "acchiappavoti". Ecco perché tutti vorrebbero avere il suo appoggio. Lo ha dimostrato lo stesso Berlusconi, quando si è dichiarato disposto a farsi da parte, se il Professore avesse accettato di essere il leader del centrodestra. Un'offerta che non sappiamo se formulata contando su un rifiuto - e cioè solo per potersi vantare della propria generosità - o sinceramente, pur di dare una chance al centro destra. Ma questo dubbio non importa: Monti ha detto di no, condendo questo no con qualche elaborato insulto antiberlusconiano, e la pratica è chiusa.

A questo punto per le ambizioni dell'ex premier ci sono solo due strade: o capeggia "moralmente" il centro o capeggia "moralmente" la sinistra. L'idea di capeggiare il centro - a lui dimostratosi di una fedeltà osannante, acritica e canina - non gli dispiacerebbe: purtroppo, la muta è poco numerosa e mai potrebbe servirgli come predellino per salire a Palazzo Chigi.

Ma il centro potrebbe allearsi col centrosinistra, si dice. Ed è vero. Ma qui purtroppo il posto di candidato a Primo Ministro è già occupato da Pierluigi Bersani. Il Segretario, che a quel posto mira da anni, non solo non ha alcuna voglia di farsi da parte (e si è largamente capito) ma non potrebbe neppure farlo senza tradire la volontà degli elettori, espressa nelle primarie.

Il riassunto è un vicolo cieco. E tuttavia ecco che Mario Monti dichiara solennemente: io scrivo la mia "agenda", stavolta nel significato etimologico di "cose da fare" nella prossima legislatura, e se qualcuno intende applicarla, e desidera che io sia il Primo Ministro, accetterò la proposta. Questo gli permette di evitare lo scoglio di una candidatura insieme al centro o alla sinistra, ma non gli permette di evitare qualche corposa obiezione.

In primo luogo, la famosa "agenda" è più una lista di risultati vagheggiati che di concreti meccanismi per raggiungerli. Di questo genere di agende siamo capaci tutti. Poi, ammettiamo che Vendola e Casini accettino di convivere (per Fini ci stupirebbe); ammettiamo che il Pd vinca le elezioni ed ottenga una corposa maggioranza, perché mai dovrebbe cedere la poltrona più importante a Monti? Bersani potrebbe innanzi tutto dire che il Pd ha un suo programma e non si vede perché dovrebbe rinunciare ad esso per adottare quello di un altro. Ché se poi invece i due programmi coincidessero, attuando il proprio attuerebbe anche quello di Monti.

Insomma sarebbe bene che nella mente di Mario Monti si affacciasse l'ipotesi che lui non si chiama né Cincinnato né Charles De Gaulle. Si è voluto sobrio, tecnico, normale e affidabile? Bene, dovrebbe sapere che " sobrio, tecnico, normale e affidabile" sono aggettivi sostituibili con uno solo: "fungibile". Cioè sostituibile: ed è proprio questa la differenza, con De Gaulle.

Bersani potrebbe dire: io ho tutte le qualità di Monti e una qualità che lui non ha, sono un politico navigato e saprò trarmi d'impaccio in situazioni difficili e complesse cui lui non è abituato. Anzi, di cui lui non sa niente. Il Professore è uno che ha governato col sostegno di destra e sinistra, cosa che non era mai avvenuta nella storia d'Italia e probabilmente non accadrà mai più.

Grazie, Professore, basta così.

pardonuovo.myblog.it





lunedì 17 dicembre 2012

Tranquilli! il 21 dicembre il mondo non finira'.


Alcuni “scienziati” hanno cercato di trovare prove che confermassero le profezie dei Maya e vogliono far passare per buone tutte le “presunte anomalie” che riguardano la Terra e il sistema solare che porteranno a effetti disastrosi proprio il 21 dicembre 2012. A proposito di anomalie, le più temute sono quelle che riguardano il Sole. Da circa un decennio si sente dire che il Sole fa le bizze e si comporta in modo anomalo, preannunciando devastanti tempeste solari che non si sono mai avverate con l’intensità prevista. Ma il comportamento del Sole rispetto a che cosa e’ anomalo? Ovviamente a dei parametri che hanno deciso gli scienziati. Ma perché mai il Sole, splendido e misterioso, “dovrebbe accontentare gli scienziati per conformarsi alle loro previsioni”? Quanta presunzione c’e’ nel pretendere di ingabbiare un astro così possente in cicli prestabiliti e prevedibili! Il Sole fa quello che vuole! Nessuno nega che nell’Universo possano esistere fenomeni ciclici che tendono a ripetersi, come credevano anche i Maya, ma indicare date esatte, giorni, mesi e anni in cui questi fenomeni avverranno e’ vera “presunzione”. La Natura e’ pura creatività ed anche quando qualcosa sembra ripetersi, in realtà e’ qualcosa di nuovo che solo ai nostri occhi appare simile a ciò che si e’ già verificato prima. Siamo noi, dalla nostra prospettiva “ristretta e limitata”, a cogliere somiglianze che non esistono per rassicurarci. L’ansia generata dall’imprevedibile ci “impaurisce”. Non voglio con questo sminuire il valore indiscutibile di tantissime scoperte scientifiche in numerosi campi, ma vorrei semplicemente portare l’attenzione sull’attitudine errata di riporre una totale e assoluta fiducia solo ed esclusivamente nella scienza, dimenticando molto spesso i suoi limiti. “Non solo l’universo e’ più strano di quanto immaginiamo, ma e’ più strano di quanto possiamo riuscire a immaginare” (Werner Karl Heisenberg, Fisico quantistico, premio Nobel). Trovo utile anche una riflessione su quanto ha scritto Ma Prem seguace della filosofia Zen della scuola buddista: “Se stai pensando di cambiare vita e trasferirti in qualche luogo del pianeta diverso da quello in cui ti trovi, oppure se sarai preso anche tu dalla febbre del “si salvi chi può” in attesa del 21 dicembre 2012, ti chiederai dove andare per sfuggire a stress, epidemie, tsunami, terremoti ed eruzioni vulcaniche, probabili glaciazioni e riscaldamento globale, scie chimiche e, perché no, la probabile fine del mondo prevista per il 21 dicembre 2012... Niente paura: qualcuno si salva sempre, altrimenti non saremmo qui! Ma chi si salva? Si salva chi ha la “conoscenza” e, guidato dal suo intuito, sa dove andare. In realtà l’unico luogo sicuro da cercare e’ “dentro di noi”, solo allora potremmo sperare di trovare un “luogo sicuro” fuori di noi. Mossi, non dalla paura, ma dalla consapevolezza e dalla conoscenza... “

Il mito vivente.


I media possono distruggere una persona come pure “esaltarla”. Per 18 anni hanno fatto una guerra spietata giornaliera a Silvio Berlusconi, mentre hanno “esaltato” e “mitizzato” Mario Monti che, cinicamente, sta sfruttando a suo favore questa fama. Di lui si parla solo di episodi “edificanti”. E’ presentato come un essere “indispensabile” e lui se ne “vanta” e “spocchiosamente” mette in “bella evidenza” le sue “prodezze”. Questa insopportabile melassa ci viene “ammannita” giornalmente da un anno. Chi ha senso critico e’ disgustato da questo “stupido” andazzo. Quando i media si innamora di qualcuno, e questo qualcuno e’ abbastanza “sbiadito” e “banale”, gli si attribuiscono tutte le qualità e tutte le intenzioni che si desiderano, arrivando ad incredibili e assurdi eccessi. Qualcosa del genere avviene con Mario Monti. Questo “professore” ha troppa “autostima” ed applica il metodo che “se vuoi che gli altri ti considerano importante, ti devi dare importanza’. Basta per diventare un “mito”? Assolutamente no. Durante il suo anno le tasse sono “drammaticamente” aumentate, le grandi riforme non sono state attuate (malgrado le raccomandazioni dell'Europa e la grande maggioranza in Parlamento) e la recessione e’ divenuta gravissima. L’Italia vive uno dei Natali piu’ poveri e tristi del dopoguerra. Gli italiani sono consapevoli che l’agonia del Paese continuerà, anzi, peggiorerà. Non si da la colpa di tutto questo a Monti ma si tenta di darla a Berlusconi, che pure ha lasciato l’Italia in una situazione assai migliore. E allora perche’ invocare la permanenza del professore al potere? Perché metta altre tasse? Per continuare che obbedisca all’Europa, alla Merkel e al mondo finanziario? Perché sprecare tante lodi per una persona che ha fatto in tutta la sua vita i propri interessi personali? Senza rischiare un centesimo di suo Mario Monti ha 11 milioni di euro di risparmi e 13 appartamenti ed incassa circa 30 mila euro al mese? E parla di “sobrietà” ed “equità”! Perché parlare di lui come fosse una persona in odore di santità? Monti non ha la ricetta per salvare l'Italia, ma fa finta di averla. Soprattutto non l’ha Bersani, con Vendola. Aspettiamo di riservare l’applauso a colui che riuscirà a sbrogliare la matassa, se mai si presenterà. Peccato che forse a sbrogliare la matassa non sarà qualcuno ma qualcosa: la “catastrofe economica” di tutta l'Europa.

La fine di un mito.

Su RaiNew24 con “sconcerto” ho assistito in diretta la fine politica di Silvio Berlusconi. Alla fine di un “mito”. Un grazie “immenso” per quello che hai fatto Silvio, ma il tuo tempo ormai e’ finito. Francamente ho fatto fatica a riconoscere in Berlusconi quella persona che appariva in Tv con una “maschera” inespressiva del volto e di quanto “confusamente” andava dicendo mentre era intervenuto alla presentazione dell’ennesimo libro di Bruno Vesta. Ero incredulo, possibile che quello era Berlusconi? Non ha piu’ una chiara linea politica, dice tutto e il contrario di tutto. Un giorno Monti e’ il nemico da abbattere e il giorno dopo e’ il “candidato dei moderati”. Nel giro di pochi giorni si e’ ritrovato “isolato” e “abbandonato” da molti dei suoi. La politica ha le sue regole ferree che, se non rispettate, distruggono anche i “miti”. Ne aveva ad iosa di motivi per non ricandidarsi ed intelligentemente aveva indicato Angelino Alfano segretario del Pdl accettato all’unanimità’ (meno tre voti) dai duemila ed oltre delegati del consiglio nazionale. Perche’ Berlusconi continua con le sceneggiate? Ora c’informa che e’ fidanzato! Quale peso politico può avere questa dichiarazione? Il ruolo che ora spetta a Berlusconi e’ quello di rimanere dietro alle quinte per aiutare Alfano e le molte altre valide persone che sono nel Pdl, come, ad esempio, Giorgia Meloni e Guido Crosetto, a tessere la nuova tela per rilanciare il partito che deve essere il partito degli “onesti” dei “competenti” e di chi fa politica per essere al “servizio del cittadino” e non per farsi gli affari propri. Il Pdl ha fatto bene a far cadere Monti che, a suo dire, dall’orlo del precipizio in cui si trovava l’Italia nel novembre 2011, oggi, dopo un anno che ha governato, l’ha fatta “sprofondare” in un profondo “precipizio” e nessuno sa come venirne fuori. Berlusconi ha commesso “karakiri” indicando premier Mario Monti di una coalizione che va da Casini a Montezemolo e dal Pdl alla Lega Nord. Questo fa intendere che Silvio Berlusconi non ha piu’ le idee chiare e che e’ giunto il momento che si conceda il “giusto riposo” come anche lui si e’ augurato di poter godere. A torto o a ragione, e’ ormai inviso da moltissimi governanti di tutto il mondo e ha contro quasi tutti i media mondali e nazionali. Possibile che una persona di talento e d’intelligenza non comune Berlusconi non abbia capito che ormai e’ fuori da qualsiasi gioco politico e non può piu’ restare a capo del suo partito? Lo scrivo con grande dispiacere, non l’avrei mai voluto scrivere, lo faccio perche’ voglio bene sia a Berlusconi che al Partito. Anche i grandi uomini, prima o poi, se non si ritirano al momento giusto, “affondano miserabilmente” e la storia non li ricorderà come meritano di essere ricordati. Berlusconi ha ancora l’occasione per uscire a testa alta e dignitosamente dalla vita politica e tutti (compresi gli avversari politici) gli riconosceranno i suoi meriti che, nonostante tutto, sono moltissimi.



martedì 11 dicembre 2012

Se Matteo Renzi ama veramente l'Italia formi un suo partito.


Se Matteo Renzi vuole entrare nella storia d’Italia dovrebbe ricordare che, nel 1959, Willy Brandt lasciò la sinistra tedesca per fondare il partito “socialdemocratico” tedesco e poco dopo diventò cancelliere dell’allora Repubblica Federale Tedesca con capitale Bonn. Per non “vanificare” l’ottimo risultato che ha ottenuto alle “primarie” (che ha perso soltanto perche’ le regole erano truccate), Renzi deve staccarsi dal Pd strapieno di personaggi ancora “maleodoranti” di Pci (Partito Comunista Italiano) e dalle stesse facce di cinquant’anni fa e, finalmente, fondare un partito “socialdemocratico” italiano, cosi’, finalmente, in Italia ci sarebbe un vero centrosinistra “progressista”. Renzi e’ giovane ma la storia l’ha studiata. Sa che dopo il 1945 non e’ stata la “resistenza” a permettere all’Italia di raggiungere il famoso “miracolo economico” del ’60. Mentre il Partito Comunista Italiano, di cui Giorgio Napolitano era un esponente di primo piano, era la Quinta Colonna in Europa dell’Unione Sovietica e tentava costantemente di “statalizzare” l’Italia, per fortuna la componente “liberare” italiana, che e’ sempre stata maggioritaria come lo e’ anche tutt’ora, ha avuto il sopravvento e l’Italia, per l’iniziativa privata dei cittadini dediti al lavoro, raggiunse la piena occupazione diventando la settima nazione piu’ industrializzata del mondo. C’e’ da augurarsi che Renzi non compia l’errore d’illudersi di poter modificare la struttura del Pd che e’ ancora la stessa del Pci, come le primarie hanno ampiamente dimostrato. Dovrebbe avere capito che gli unici veri “progressisti” sono i “liberali” italiani, i quali davvero vogliono modificare le strutture statali italiane le più “retrograde” d’Europa. Renzi sappia che se l’Italia sarà governata da Bersani, Vendola e Di Pietro, cioè dalla sinistra “stalinista”, poco o niente resterà del popolo italiano “libero” e “creativo” come noi tutti conosciamo e come vorremmo che continuasse che sia. Renzi ha un ampio serbatoio di voti a cui può attingere. Le scelte coraggiose le fanno gli “statisti” e tali sono coloro che il più delle volte non vincono le elezioni al primo tentativo, ma seminano per il futuro. Senza la loro testimonianza, non c’è esempio da seguire per sognare il vero cambiamento.

Esultanza degli "antiberlusconiani": finalmente ricomincia la "sarabanda"!


Il giorno prima dell’annuncio ufficiale di Berlusconi di ricandidarsi, avevo scritto che c’era chi attendeva la sua decisione chi con timore e chi con speranza. Ora che “il dado e’ stato tratto” grande e’ l’entusiasmo degli “antiberlusconiani” che, dopo un anno di “astinenza”, possono ricominciare la solita “gazzarra” facendo a gara a chi la “spara” piu’ grossa sul “caimano”. “La Repubblica” e “Il Fatto Quotidiano”, ma non solo loro, con il “popolo del web”, hanno ricominciato a “vomitare” il peggio possibile su Berlusconi ed ad “esportarlo” all’estero. Questa “strategia” aveva portato Berlusconi alla sua completa “delegittimazione” e, visto che aveva funzionato, ci riprovano. In due miei articoli di qualche settimana fa elencavo le ragioni per cui Berlusconi non avrebbe dovuto candidarsi mai più, ed uno di quei motivi, come ampiamente avevo previsto, era quello che la “ignobile sarabanda” sarebbe ricominciata all’annuncio della sua ricandidatura Nella vita, purtroppo, spesso si creano delle situazioni che involontariamente ci coinvolgono e, nostro malgrado, siamo costretti ad intervenire anche se non avremmo mai voluto. Ecco perche’ Berlusconi e’ stato costretto a ricandidarsi, ma credo che indicherà Premier Angelino Alfano che ha dimostrato, e sta dimostrando, di averne le qualità ed ha anche il vigore fisico per ricoprire una carica molto impegnativa. Staremo a vedere. A Berlusconi lo attende un nuovo periodo “convulso” di attacchi “feroci” sia dai suoi avversari nazionali e sia da quelli internazionali che sono gia’ iniziati in “grande stile”. Questa volta Berlusconi deve reagire con “molta fermezza”, come sta facendo, dagli attacchi “feroci” della sinistra e dei suoi nemici “europei” e contrattaccare con forza senza paura. Deve poi attendersi la reazione di Monti dal carattere “permaloso” e “vendicativo” che non ha gradito di essere stato “defenestrato” per i “pessimi risultati” conseguiti dal suo governo tecnico. Monti, da alcuni indicato come “salvatore” della Patria, per mettere in difficoltà Berlusconi, si augura che lo “spread” ricominci a salire. Tra tanti errori commessi, la colpa maggiore che si può imputare a Berlusconi e’ di essere stato “ingenuo” per essersi fidato dei politici “intorno a lui” sapendo benissimo che erano “politicanti da strapazzo”. Il Pdl ne era “strapieno” e, in parte, lo e’ ancora, di questi “farabutti”. Per dare un segnale forte al Paese Berlusconi deve prendere “urgentemente” alcune iniziative. Deve “allontanare” immediatamente dal Pdl tutti i “quaraquaqua’” vecchi e nuovi. Deve fare i nomi ed i cognomi dei “grassatori” che “infestano” l'Italia e spiegare i loro metodi che hanno impiegato negli ultimi decenni per “impadronirsi” del potere economico e finanziario del Paese. Deve mettere a nudo tutti gli “intrecci” che esponenti della sinistra hanno avuto, ed hanno, con i Poteri Forti, compresi i media che, per la stragrande maggioranza, non hanno fatto altro che calunniarlo anche all’estero. In Italia, a chi e’ contro la sinistra ed i Poteri Forti, non si spara né si dà l’olio di ricino: li si “emargina”, come hanno tentato e continuano a tentare di fare con Berlusconi e con tanti intellettuali, imprenditori, professionisti e artisti che non si allineano. Tutti sanno quello che e’ accaduto in Italia negli ultimi cinquant’anni e molti ne parlano a mezza bocca, come avviene nei “regimi di polizia”. Noi “berlusconiani” sappiamo che Silvio non e’ uno “stinco di santo”, ma sappiamo che si e’ sempre “opposto alla malavita” dei colletti bianchi e di aver sempre agito per gli interessi generali dell’Italia. Berlusconi “non si e’ mai finanziato” con le “varie mafie” siano esse siciliane, calabresi o pugliesi attraverso banchieri che sventolano bandiere rosse e “riciclano” grandi capitali ricavati dalla “malavita” che, guarda caso, e’ sempre più radicata in regioni rette da giunte cosiddette “democratiche” dove lo Stato ha rinunciato a controllare il territorio. Se Berlusconi non facesse questo non può “ridare coraggio” a quel 45% dei cittadini che ora si astengono dal voto. Cittadini onesti schiacciati dalle corporazioni, dagli ordini professionali, dalle associazioni e dai magistrati politicizzati, dai sindacati protettori di “fannulloni” nelle scuole come nella burocrazia, dagli ideologizzati baroni universitari. Gli onesti ed i migliori per decenni sono restati “indifesi” da quella massa dei “rappresentanti della sinistra” e degli stessi Poteri Forti tra loro in “combutta”. C’e’ un’unica condizione per permettere a Berlusconi di combattere tutti i mali dell’Italia e di trasformarla in un Paese “normale”: gli italiani devono dargli il 51% dei voti. Se non l’otterrà, gli Italiani saranno stati causa del loro male e potranno piangere soltanto se stessi. Bersani con il suo “squadrone” (Bindi e D’Alema su tutti!) promette il “rinnovamento” dello Stato qualificandosi “progressisti”, mai menzogna fu più vergognosamente ipocrita. Ampiamente si sono dimostrati i più “conservatori” da decenni a questa parte. La loro forza sta nei “pubblici ministeri politicizzati”, nei “giornalisti di regime” e nella “invidia”. Il governo di Mario Monti ha tentato il colpo di Stato nell’impedire a Berlusconi di ricandidarsi. Lo ha tentato con la legge cosiddetta “anti corruzione”, giusta nei principi, ma iniqua perche’ i giudici hanno un’immensa discrezionalità di applicare le leggi soprattutto quando l’imputato si chiama Silvio Berlusconi.

mercoledì 5 dicembre 2012

La Consulta in ginocchio.


Bartolomeo Di Monaco

4 dicembre 2012

Quando scrivo, e lo faccio spesso, che ormai tutto va a rotoli, e le istituzioni sono asservite ad interessi del tutto estranei ai bisogni di correttezza e di trasparenza che dovrebbero improntare l’amministrazione dello Stato, non parlo a vanvera.

La sentenza della consulta con cui è accolto il ricorso di re Giorgio, per cui i nastri che contengono le sue telefonate con Nicola Mancino saranno distrutte, era data per scontata proprio a causa della misera condizione in cui è stato confinato il diritto dei cittadini ad avere uno Stato trasparente e privo di ogni ombra che possa offuscarne il prestigio.

Così ci troviamo ad avere tre istituzioni gravate da dubbi e sospetti: la presidenza della camera, coinvolta in fatti di raccomandazioni e in compravendite poco chiare; la presidenza del consiglio, sospettata di fare gli interessi dei poteri forti e della Germania, e per ciò spietata solo con i più deboli; la presidenza della repubblica minata dal dubbio che Napolitano abbia cercato di fare qualcosa di indebito per favorire la posizione processuale di Nicola Mancino, oltre alle ipotesi avanzate da alcuni giornali, come Panorama e La Stampa, che abbia perfino denigrato persone della famiglia Borsellino, che avrebbero potuto querelarlo, così come avvenne per il presidente Cossiga.

Ove si pensi che le quattro telefonate sono così divise: 2 di Mancino verso Napolitano e due di Napolitano verso Mancino, il sospetto di una partecipazione attiva del capo dello Stato è più che rafforzata.

Stasera la consulta gli dà una mano a far scomparire ogni traccia di quanto è accaduto, privando in particolare gli storici di un tassello importante per conoscere la verità sulla trattativa Stato – mafia.

Resterà sempre l’interrogativo, infatti (almeno fino a quando qualcuno che sa non si decida a parlare) su che cosa abbiano combinato Napolitano e Mancino. E noi sappiamo dal contenuto delle intercettazioni delle telefonate tra Nicola Mancino e Loris D’Ambrosio che non può essere stato nulla di buono.

Confido, come i miei lettori sanno, nella nemesi, e vedrete che anche su questo segreto prima o poi si squarceranno i veli, e potremo aggiungere qualche altra annotazione sugli ultimi due anni di presidenza di Napolitano, il quale, come faceva notare qualche giorno fa anche Piero Ostellino, ha più volte dato motivo di pensare ad una sua dittatura instaurata con il silenzio ed il consenso di un parlamento tremebondo ed incapace.

Non si conoscono ancora le motivazioni della sentenza, ma le poche righe che si leggono anche qui e qui non lasciano adito a dubbi di sorta. Le telefonate saranno distrutte, e Napolitano, insieme con quella nefasta dichiarazione sui fatti di Ungheria del 1956, si potrà appiccicare sulla giubba anche questa nuova medaglia al valore: quella che gli ha assegnato la consulta liberandolo dal dovere morale di chiarire ai cittadini del perché egli abbia sentito la necessità di ascoltare per ben due volte e di chiamare per ben due volte un personaggio delle istituzioni che invocava il suo aiuto trovandosi sospettato di aver esercitato un qualche ruolo in una vicenda che rappresenta la massima vergogna raggiunta da uno Stato pusillanime.

Ecco, dunque, che un’altra pagina nera si aggiunge alle troppe che sono state scritte da uomini cui purtroppo i cittadini avevano ed hanno affidato invano le loro speranze.



L'onore della sconfitta.

Scritto da Barbara Di Salvo

mercoledì 05 dicembre 2012

Sono passati già alcuni giorni dalla sconfitta di Renzi alle primarie e ancora non ha fondato un proprio partito, né una corrente, né una fondazione e neppure un think tank che fa tanto chic, non ha chiesto di essere candidato al Parlamento, né di fare il ministro, né mi risulta che abbia ancora chiesto di inserire i suoi fedelissimi nelle liste bloccate.

Beh, tanto di cappello.

Non apprezzo le sue poche idee politiche, non credo nel nuovismo fine a se stesso e non mi piace il suo semplicismo nel parlare perché denota la presunzione di chi pensa di rivolgersi ad un popolo ignorante, ma adesso lo ammiro per il modo onorevole in cui finora ha preso la sconfitta.

In una democrazia normale, all’interno di un partito che dovrebbe puntare a raccogliere il consenso di tutto l’elettorato, sarebbe altrettanto normale sfidarsi per ottenere la supremazia ed accettare la sconfitta come l’espressione di una maggioranza che può e deve decidere che strada seguire, prenderne atto, sostenere il vincitore e semmai prepararsi a sfidarlo di nuovo la volta successiva. Sarebbe altrettanto normale accettare la sconfitta da parte di tutti i partiti nei confronti di chi vince le elezioni e può e deve governare, in quella che è la massima espressione di una democrazia dell’alternanza.

Il problema è che non siamo una democrazia normale, siamo un Paese in cui un sistema frammentato, dove ogni fiato fa sostanza, porta ogni pseudo-politico a credersi fondamentale, a raschiare il fondo del barile per ottenere il minimo consenso indispensabile ad ottenere l’agognata poltrona purchessia. Per fare questo non serve puntare alla maggioranza dell’elettorato, basta un qualsiasi gruppuscolo di persone, una lobby, una mini-casta sufficiente a raggiungere quella briciola di consenso necessaria all’elezione dei singoli o anche solo all’inserimento nella lista bloccata. E da lì è un attimo passare dalla ricerca di consenso all’elargizione di favori. Che ci vuole? Basta promettere di favorire il gruppuscolo di riferimento, naturalmente a spese del resto del popolo, maggioritario, silenzioso finché dura, ma soprattutto non organizzato per opporsi a questo andazzo che è il brodo di coltura ideale di corruzione e spreco di denaro pubblico.

Ebbene, finora il giovin Matteo ci sta dimostrando con onore che si può essere normali anche in un Paese malato. Se resiste alla sirene, davvero complimenti.

Che fara' Berlusconi?

Leggo continuamente dei commenti che accusavano Berlusconi di “tentennamenti” e di non saper decidere sul da farsi. Niente di più sbagliato. Berlusconi sta “cuocendo” a fuoco lento tutti: alleati e oppositori. Tutti stanno aspettando le sue decisioni. Chi con timore, chi con speranza. Chi crede che Berlusconi sia il “Sor Tentenna” non tiene conto del fatto che Berlusconi non ragiona da “uomo politico” ma da “imprenditore”. Questa e’ stata la chiave del suo successo elettorale del 1994 assieme alla sua capacità dimostrata durante i suoi 9 anni di governo che ha prodotto oltre 40 riforme. Ho scritto “9 anni” perché lo sbandierato “ventennio” berlusconiano non esiste. Se la matematica non e’ un’opinione sono trascorsi 18 anni dal 1994 al 2012. Di questi 18 anni, Berlusconi ha governato 9 anni, 1 mese e 17 giorni. Gli altri anni rimanenti sono stati governati da Dini, Amato, Prodi, D'Alema poi ancora Prodi e, da un anno a questa parte, da Monti. Se Berlusconi attende qualche giorno in più prima di dichiarare le proprie intenzioni fa male soltanto a chi sta aspettando, non senza ansia, di vedere le sue carte.



Beppe Grillo ha gravi problemi esistenziali.


Tutti dimostrano per sé stessi un’enorme comprensione che non hanno per gli altri. Nascondono la propria “immoralità privata” ma sono pubblicamente severi, intransigenti e virtuosamente irreprensibili. Quasi fossero dei santi. Secondo Socrate tutti agiamo per raggiungere il meglio, ma purtroppo a volte non si capisce quale sia questo “meglio”. Il giudizio sul bene e sul male dipende dall’egoismo. Perfino il ladro dice: “Se i miei genitori mi avessero fatto benestante, non sarei ladro”. Insomma rubando vuol compensare un’ingiustizia sociale. Se questo vale per il ladro, figurarsi per gli uomini “perbene”. Quanti si giustificano perche’ non pagano le tasse? Quanti ammettono di avere abbandonato il posto di lavoro nell’orario di ufficio? Sì, poverini, perche’ erano stanchi, perché avevano qualcosa d’importante da fare. Sono pronti a rimproverare gli altri per non essere con loro comprensivi. Per le persone “di buon senso” i politici odierni sono tutti (o quasi) dei “farabutti”. Ma troppi dimenticano che i governanti del passato si sono macchiati dei peggiori crimini. La realtà e’ che oggi il piu’ dei politici non si arricchiscono. E’ vero che sono ben pagati. E’ vero che sono ossequiati come “sovrani” e hanno molti “privilegi”, ma concluso l’incarico tornano alla vita privata e la loro pur “generosa” pensione non li annovera certo fra i grandi ricchi. La qualifica di “ladri” e di “disonesti” che gli attribuiamo e’ giusta? Nessuno parli poi degli ex Presidenti del Consiglio o della Repubblica come dei “profittatori”. Rimproverare loro, come si fa talvolta, qualche piccolo lusso borghese e’ solo una miserabile forma di “cattiveria”. Diciamolo! La prima “molla” dei politici e’ l’ambizione ed il loro “narcisismo” e’ di essere ricordati come “benefattori della nazione. Loro credono di agire per il meglio, e se non ci riescono dovremmo pur capirlo, no? Il compito e’ fin troppo difficile. Attualmente, per esempio, per salvare l’Italia ci vorrebbe un “miracolo” e chi dei nostri politici e’ in grado di farli? L’idea che ha dato il “successo” a Beppe Grillo e che, momentaneamente, gli ha fatto raccogliere molti consensi (in verità in via di “squagliamento”) e’ stata quella di sostituire gli attuali “parlamentari” con “cittadini qualunque ma onesti”. Dimenticando che “tutti gli attuali politici ladri” erano dei “cittadini”. Non si vede perché “i nuovi politici” non dovrebbero essere anche loro ladri. Se non siamo soddisfatti come un autista guidi un autobus non basta sostituirlo con una persona qualunque, ma con un “autista qualificato”. Grillo, e certa opposizione, vuole “sfasciare” tutto perche’ ha un “disagio esistenziale”. Vuole dare la colpa agli altri dei propri mali. Grillo stesso ha dichiarato di essere un “delinquente”!

Il Pd ha mancato l'ennesimo appuntamento con la democrazia e la modernita'.


L’avevo predetto che alle cosiddette primarie della sinistra avrebbe prevalso Pierluigi Bersani (con baffi e pizzetto e’ il sosia di Vladimir Lenin) nonostante fosse stato “stracciato” nell’ultimo confronto televisivo su Raiuno da Matteo Renzi. E’ la conferma che l’elettorato di sinistra non e’ “progressista” ma ostinatamente “conservatore” e “retrogrado” tanto che ancora invoca “a da veni’ baffo’”, e poi vogliono far intendere che in Italia non ci siano piu’ i “comunisti”! L’elettorato tradizionale della sinistra diffida del “liberale” e “moderno” Matteo Renzi solamente perche’ e’ “brillante” fa capire chiaramente quello che dice e per questo lo considerano “berlusconiano”. In poche parole, il popolo della sinistra diffida delle persone “intelligenti” li preferiscono ad un “insignificante” e “patetico” personaggio. Bersani ha vinto perche’ le regole imposte erano “assurde” ed hanno reso le primarie molto meno aperte di quanto si era detto. Il Pd ha “perso” perche’ ha mancato l’ennesimo appuntamento con la democrazia e la modernità. La sinistra in Italia e’ “irriformabile”. Il popolo di “sinistra”, dai vertici a gran parte della base elettorale, e’ terrorizzato dalla prospettiva di un loro leader capace di attirare l’elettorato indipendente o di centrodestra. Preferisce restare nel suo “recinto ideologico”, anche se “minoritario”, piuttosto che conquistare nuovi elettori e “aprirsi a nuove idee”. E’ più forte di loro! Gli ex Pci (ma anche gli ex Dc) i concetti di “democrazia” ed “economia di mercato” non li hanno “mai assimilati”. Dopo la caduta del muro di Berlino si sono adeguati, perché così richiedevano le “convenienze” dei tempi. Ma non riescono a convincersi di potersi affidare pienamente né alle logiche della “democrazia” né a quelle del “mercato”. Abbiamo ascoltato Bersani discutere del patrimonio degli italiani come di una ricchezza che si può in ogni momento “requisire” per il bene superiore del Paese, o che e’ ancora convinto che spetti al governo “dare” lavoro, dimostrando di non possedere alcuna cognizione di come la ricchezza si crea. Sono gli investitori italiani e stranieri che aprono le fabbriche e che danno lavoro. Ma molti di costoro sono andati o se ne stando andando via dall’Italia. Oltre ad essergli impedito di ottenere il loro “sacrosanto” profitto, pur rispettando tutti i “sacrosanti” diritti dei lavoratori, hanno la giustizia che non funziona, hanno contro la burocrazia, i costi di gestioni sono il doppio degli altri Paesi concorrenti e sono tassati oltre il 68%. Quale “idiota” volete che rischi i “suoi soldi” operando in Italia? Ora, che e’ previsto che al governo andrà Bersani a braccetto con Vendola e Di Pietro, la “fuga” degli investitori diventerà “precipitosa”. La paura di perdere le “primarie” ha costretto Bersani al “tutto per tutto”. Mentre Renzi invitava “tutti” gli italiani ad andare a votare per qualunque dei candidati rimasti in gara, Bersani, e tutto l’apparato del Pd, piegando le regole della competizione in corso, ha cercato d’impedire che gli italiani andassero a votare. Bersani aveva paura di perdere il confronto con “il nuovo che avanza”. Bersani ha avuto l’appoggio del 98% dei membri dei comitati provinciali e del Comitato dei garanti per “garantirsi la vittoria”, degna di quella dei leader comunisti dell’Est europeo nel prendere il potere nel secondo dopoguerra. Le regole delle “primarie” erano state scritte per lasciare il potere a chi avrebbe dovuto applicarle, ma una norma e’ chiara. L’art. 14 del regolamento consente la registrazione per il ballottaggio di coloro che “dichiarino” di aver avuto un impedimento, non dipendente dalla loro volontà, a registrarsi prima del 25 novembre. Non occorreva alcun documento giustificativo. Era sufficiente una “autocertificazione”. Così a pensarla era anche Berlinguer presidente dei garanti. Per non parlare, poi, della “ridicola giustificazione” di Bersani che, aprire nuove registrazioni al ballottaggio, sarebbe stata una presa in giro nei confronti dei tre milioni di elettori che hanno votato al primo turno. Gli italiani, insomma, si preparino ad essere governati da Bersani con meno del 30% dei voti di quel misero 55% di elettori che andranno a votare. Ovvero verrà preferito dal 18% scarso degli italiani aventi diritto di voto. Governerà con lo stesso “eccesso di zelo” burocratico, con la stessa “arbitrarietà” nell’interpretare le regole, con la stessa “mancanza di rispetto per la democrazia” e di “liberta” ed i cittadini verranno “alleggeriti” di una consistente parte della loro ricchezza personale. “A da veni’ baffo’”? E’ arrivato!

mercoledì 28 novembre 2012

Perche' preoccuparsi? L'ottimista e' un realista che rimane sempre "sereno".

Contro il “conformismo” imperante si e’ sempre perdenti. La “buona creanza” vuole che si evitino certe brutte parole. Non si dice “cancro”, ma “male incurabile”. Chi e’ morto non e’ morto, ci ha lasciati, e’ “scomparso” e, se e’ un militare, e’ “caduto”. Se si parla delle prossime elezioni politiche del 2013, secondo le previsioni, dovrebbe vincere il centrosinistra. C’e’ da gioire o c’e’ da disperarsi? Né l’una né l’altra cosa. Se il governo eletto sarà capace di attuare una politica che salva l’Italia, tutti saremmo “felici e contenti”. Poiché, invece, probabilmente non esiste un governo simile ci sono due sole ipotesi: “o andrà male, o andrà malissimo”. Anche il piu’ “ottimista” si chiede “Perché mai la situazione dovrebbe migliorare? Che cosa potrebbe mai fare il nuovo governo?”. Ci hanno “frantumato” la testa (e non solo) tutti i giorni col fatto che hanno “salvato l’Italia dal disastro”, che hanno “evitato la catastrofe per un pelo”. Ma sta di fatto che l’Italia e’ in gravissima recessione e che la situazione non e’ affatto cambiata in meglio, anzi, “e’ peggiorata e di molto”, rispetto al momento in cui l’Italia stava per “cadere nel baratro”, secondo Mario Monti. Il debito pubblico non solo non e’ diminuito, ma e’ ormai vicino ai duemila miliardi. E’ vero che gli investitori hanno avuto, nel 2011 e nel luglio di quest’anno, una crisi di fiducia dell’Italia, ed e’ vero che Mario Draghi e’ riuscito “temporaneamente” a rassicurare i mercati, ma di sostanziale e’ cambiato che “tutto va peggio piu’ di prima” di quando era Berlusconi al governo. E Casini e Bersani, ma anche Fini, invocavano, un giorno sì e l’atro pure, le sue dimissioni perche’, dicevano, qualsiasi altra persona, anche la piu’ incompetente, avrebbe fatto meglio di Berlusconi. Sono stati smentiti. I fatti sono fatti e non “chiacchiere”. Se il nuovo governo, che s’insedierà’ dopo l’elezione del 2013, vorrà seguire la politica “montiana”, troverà difficoltà ad attuarla ben maggiori rispetto ad oggi. Perché se già oggi il “sistema” Monti e’ impopolare, nonostante tutti i media all’unisono “cantano le sue lodi”, figuriamoci quando avrà contro una vera opposizione! Poi nulla esclude una nuova crisi di fiducia dei mercati con conseguente “spread” alle stelle e, quindi, maggiori interessi da pagare con inevitabile “vertiginoso” aumento del debito pubblico. Il problema e’ che l’Italia e’ in “recessione profonda” e, grazie a Monti, vale molto meno di un anno fa’. Gli investitori stranieri ed italiani fuggono e chiudono le fabbriche invece di aprirle, chi darà lavoro ai disoccupati ed ai giovani? Chi creerà ricchezza per far diminuire (almeno in parte) il debito pubblico? Qualsiasi nuovo governo, di sinistra o di destra che sia (non fa differenza), potrà tentare una politica diversa, ma il fallimento e’ “inevitabile”. Dalla padella alla brace. Ecco perche’ un ottimista/realista rimane sempre “sereno”. Se ci fosse un partito capace di diminuire della metà le spese dello Stato, licenziare centinaia di migliaia di dipendenti, abolire centinaia di enti, portare improvvisamente la pressione fiscale alla metà di quella attuale, e attuare tutte le riforme necessarie, a partire dalla giustizia, se la vittoria di questo partito potrebbe veramente salvare l’Italia si potrebbe “gioire”. Ma quel partito non esiste: non può esistere. Se ci fosse c’e’ la certezza che gli italiani non lo voterebbero mai. Dunque rimaniamo con i piedi per terra. Per come si sono messe le cose, grazie a Monti ed ai suoi ministri, chiunque vinca, “o andrà male o andrà malissimo”. E allora perché preoccuparsi? L’ottimista e’ un realista che rimane “sereno” pur sapendo che un giorno dovrà morire perche’ sa che non e’ immortale.

Le primarie? A che servono?


Nel 1996 la sinistra vinse le elezioni e poi si “dilaniò”, dando vita a quattro governi e tre coalizioni diverse, nel corso della stessa legislatura. Per evitare questi problemi ha pensato che, prima delle elezioni, era bene scegliersi il candidato premier. E’ la terza volta che la sinistra organizza le “primarie”. Le prime due volte non hanno funzionato. Nel 2005 e nel 2008 non si trattava di decidere il candidato, già designato, ma di conferirgli la forza di capo della coalizione capace di tenere assieme una “armata Brancaleone”. Non hanno funzionato: Romano Prodi fu “deposto” dalla sua stessa coalizione, e ci fu le elezioni anticipate, e Valter Veltroni fu “defenestrato” dopo la sconfitta. Siamo al terzo giro. Non si e’ ancora capito che le “primarie” non servono per scegliere chi presiederà il governo, dato che la scelta del presidente del Consiglio spetta al presidente della Repubblica. Infatti, da un anno, il governo e’ presieduto da chi non s’e’ mai candidato, né mai lo farà. Ed e’ per queste ragioni che il Pdl dovrebbe astenersi nell’indire le “primarie”, ma anche perche’ e’ una “trappola” preparata dagli “infidi” colonnelli di An (Alleanza Nazionale) che vogliono “esautorare” Alfano con un sistema “pseudo democratico”. Ecco perche’ Berlusconi e’ contro le primarie. Comunque, qualsiasi decisione prenderà a momenti Berlusconi non sarà mai “contro” ma “pro” Angelino Alfano. Se la sinistra ama le primarie e’ segno che e’ favorevole ad una Repubblica di “tipo presidenziale”, allora, se sei favorevole e non sei “scemo” o un “imbroglione”, perche’ non lo proponi formalmente in Parlamento? Attualmente, senza le riforme costituzionali ed elettorali, le primarie non servono a designare il candidato premier. Neanche servono, come le due volte precedenti, per dimostrare che una “armata Brancaleone” vota compatta per scegliere il loro “capo”. Le “primarie” sarebbero necessarie se ci fosse una legge come quella per le comunali e regionali di tipo “presidenziale”. Tanto per citare alcuni esempi. La battaglia in Puglia, per chi dovesse essere il candidato alla presidenza della regione, quella a Milano e a Napoli, per chi dovesse essere il candidato a sindaco, sono state battaglie vere. E così in altri luoghi. Si sono scontrate duramente “cordate di sinistra” antagoniste ed il partito “egemone” della sinistra, il Partito democratico, ha sempre perso le battaglie piu’ importanti. Lo stesso Matteo Renzi ha battuto a Firenze il candidato “ufficiale” del Pd. Le primarie in corso non sono altro che un “regolamento di conti” tra i due candidati maggiori: Bersani e Renzi. Il vero problema e’ che nel Pd non c’e’ un’unica “linea politica”. A chi vota alle primarie chiedono un impegno a votare per la sinistra, chiunque sia il vincitore. Questa e’ “pura ipocrisia”, per non dire una “falsità”. Nessuno dell’attuale gruppo dirigente del Pd accetterebbe la vittoria di Renzi. Eppure il Pd ha un senso solo se vince Renzi. A chi vota le primarie chiedono di “condividere un programma”, ma quale? E’ fin troppo evidente che quello di Renzi e’ del tutto diverso da quello di Bersani, ed entrambi “incompatibili” con quello di Nichi Vendola. Qual’e’ la conclusione? Le due precedenti primarie erano un “imbroglio organizzativo”, le odierne “idem con patate”, perché fanno finta di non vedere che tra Renzi e Bersani c’e’ un abisso. Purtroppo Renzi perderà. Se votassero gli italiani Renzi vincerebbe, ma vota soltanto il popolo di una sinistra che e’ ancora largamente “incollato” al passato e sente ancora il fascino di “a da veni’ baffo’” e non e’ “attratto” da una vera svolta moderna e democratica. Se Renzi vincesse salterebbe tutto nel Pd. Sarebbe un evento benefico, ma e’ largamente improbabile che avvenga. Renzi perderà. Ha già perso nel momento in cui ha accettato le regole delle primarie. Dunque che farà Renzi in una legislatura che nascerà morta? Non gli rimane altro che attendere che si spenga il “fuoco di paglia” del governo Bersani coalizzato con Vendola e forse anche con Di Pietro. Un paio d’anni ancora (forse meno) e arriverà il suo momento.

martedì 20 novembre 2012

Se tutto va bene l'Italia andra' in malora.

Con la discesa in campo di Luca Cordero di Montezemolo con il suo movimento “Italia Futura”, ormai e’ completo il campo dei concorrenti per le prossime politiche del 10 marzo 2013. Il programma del movimento di Montezemolo sembra essere “Monti forever”. Dunque e’ un partito “perdente” in partenza. Perché indica una strada che fino ad ora non ha condotto a nulla di buono. Mario Monti “ha eseguito gli ordini della Merkel” ed e’ riuscito a galleggiare ma come una nave che continui ad imbarcare più acqua di quanta ne pompi fuori. Infatti, nessun parametro e’ migliorato: non il debito pubblico, non il pil, non le esportazioni, non l’occupazione, nulla di nulla. Monti ed i suoi tecnici non sono riusciti a far ripartire l’economia italiana, in modo che producesse ricchezza per cominciare a risalire la china che, drammaticamente, continua a discenderla giorno dopo giorno. L’appoggio a Monti significa una cosa sola: continuare a favorire le “caste” al potere, la borghesia ricca e la finanza, e continuare a far “pagare il conto” della crisi ai piu’ poveri, ormai arrivati allo stremo dei sacrifici. Ci sono altri fattori che rendono “inaffidabile” il progetto di Montezemolo. A lui si affiancherebbero Pierferdinando Casini e di Gianfranco Fini. Sarà una fatale coincidenza, ma sono gli stessi due “bolognesi” che, per loro “ambizioni” e “giravolte”, hanno fatto fallire il programma di Berlusconi. Con questi due uomini a fianco Montezemolo non andrà molto lontano. Ma qual’e’ la situazione negli altri partiti? Il Popolo della Libertà e’ in continua costante rimonta dopo che Angelino Alfano sta dimostrando di avere il “quid” e di possedere attributi “grossi cosi” opponendosi anche a Berlusconi. Angelino l’ha detto “forte e chiaro”: fuori dal partito tutti i “quaraquaqua’” neppure degni di far parte di un consiglio condominiale. Farà spazio soltanto a chi ha dimostrato di essere onesto e capace, a personaggi che qualificheranno il Pdl per convincere i molti elettori moderati e del centrodestra di ritornare a votare per il Pdl e di non piu’ astenersi dal voto o votare per protesta per Grillo. La “novità” Gianpiero Samori’ non convince nessuno. Di Berlusconi non ha neppure il mignolo di un piede. L’Udc (Unione di centro) del sempre piu’ “evanescente ed ambiguo” Pierferdinando Casini diventa ogni giorno sempre piu’ “insignificante”. L’Italia dei Valori di Di Pietro e’ in via di definitivo “sfaldamento”. Bebbe Grillo ha ampiamente dimostrato di essere un concentrato di “nazismo/fascismo/stalinismo” e dal Movimento 5 Stelle e’ iniziata la “fuga”. Se i sondaggi lo danno ora al 15/16% e’ perche’ la data delle elezioni e’ lontana, ma il 10 marzo difficilmente supererà la soglia di sbarramento del 5% e, quindi, resterà fuori dal Parlamento. Non sono in gara gli altri “partitelli” come quello di Fini o quello di Rutelli e di tanti altri, anche loro destinati a restare fuori dal Parlamento. Per ora, l’unica “apparente certezza” e’ la vittoria del Partito Democratico e del movimento ad esso alleato, Sinistra e Libertà, ma la vittoria (?!), ormai si sa, sarà un fuoco “fatuo”, un “focherello” che si spegnerà dopo pochissimi mesi quando si ritornerà a nuove elezioni. Infatti la coalizione di Bersani e Vendola, per ora la più grande in campo, non si sa cosa intenda fare, se continuare la politica di Monti o se andare in un’altra direzione. La recessione e’ gravissima e attualmente non se ne vede la fine. Il debito pubblico continua ad aumentare, il governo Monti ha “massacrato” gli italiani di tasse, ma non ha realizzato ne’ i tagli promessi ne’ le necessarie riforme, a parte quella delle pensioni, ha salvato soltanto i “privilegi” di tutte le “caste”. L’idea di continuarne questa politica non e’ che sia molto popolare e allora, pensa Bersani, meglio rimanere nell’ambiguità: solo che nell’ambiguità l’Italia muore. Per un vero cambiamento sarebbe auspicabile che Renzi vinca le primarie per essere indicato premier, ma le forze “retrograde conservative” del Pd sembra che non lo permetteranno e questa sarà l’ennesima occasione perduta del Pd. Intanto i capitali continuano a fuggire all’estero. Gli investitori stranieri stanno alla larga e quelli italiani “delocalizzano” all’estero, chi creerà i posti di lavoro per i disoccupati ed i giovani? Il lavoro “non si crea per legge”, ma soltanto se ci sono investitori “motivati” che, rischiando in proprio, aprono fabbriche ed uffici e questa eventualità sarà “nulla” se al governo andrà la sinistra di Bersani e Vendola. E allora? L’unico programma che darebbe un vero futuro agli italiani sarebbe quello di un partito che “rivoluzioni tutto”, a colpi d’accetta. Il fisco, la giustizia, il lavoro, la sanità, l’amministrazione pubblica, l’abolizione di province e regioni, diminuendo la spesa pubblica più o meno della metà. E per quanto riguarda la moneta, porre fine all’euro, con l’accordo di tutti i Paesi che l’hanno adottato. Diversamente l’Italia ne uscirebbe unilateralmente, a costo di dichiarare il fallimento. Secondo il “politologo” George Friedman, l’Europa non corre verso la “guarigione”, corre verso il “peggioramento”. Secondo lui, l’Unione Europea e l’euro “sono destinati a morire”. Tutti gli Stati, dice, torneranno all’indipendenza monetaria e alla competizione commerciale di prima. Fa un ragionamento del tutto elementare: se un aereo continua a perdere quota e sta precipitando, e’ fatale che prima o poi si “disintegri” al suolo. Sbaglia? Speriamo! Ma e’ certo che quello che non e’ stato voluto fare per “egoismo” nazionalistico (vedi la Merkel), avendo avuto il tempo di organizzarsi, lo si dovrà fare di “botto”. Per non morire bruciati nel palazzo in fiamme, si dovrà saltare dalla finestra senza sotto alcuna protezione.

La cura Mario Monti ha fatto morire l'asino.


Tutti conoscono la storiella di quel contadino il quale possedeva un asino che veniva sottoposto a lavori continui e pesanti dal suo padrone. L’animale, per gli sforzi fisici che faceva, avrebbe avuto biso¬gno di una ricca alimentazione, ma il suo padrone decise di aumentare il suo reddito iniziando nel risparmiare proprio dalla paglia e dall’avena che dava all’animale. Ogni giorno, in¬fatti, ne diminuiva la quantità. Togline un po’ oggi, togline un po’ domani la razione arrivò a zero. Il povero asino, che era costretto a lavorare se non voleva ri¬cevere frustate, un bel giorno morì. Il contadino, “sorpreso” per la “improvvisa” morte del suo asinello, esclamò: “Ora che si era abituato a non mangiare, è morto!”. La “cura” Monti, aumentando le tasse “sconsideratamente”, sta togliendo “paglia ed avena” agli italiani. Per non “morire”, chi ne ha, sta trasferendo i suoi soldi all’estero, al momento sono oltre 300 i miliardi di euro fuggiti dall’Italia ed ogni giorno c’e’ sempre qualcuno che attraversa la frontiera della Svizzera per portare il suo “gruzzoletto”, piu’ o meno cospicuo, nelle banche di Lugano. Il giornale “Il Fatto quotidiano” il 12 novembre ha pubblicato un articolo dal titolo: “Un anno di governo Monti. Un anno senza B. Quel che c’e’ e quel che manca: prima e dopo la cura”: Riportava i seguenti dati: Disoccupazione era 8,5% ora 10,8%; Inflazione era 2,6% ora 3,6%; Consumi erano +0,1% ora -3,2%; Debito pubblico in continua crescita prossimo a sforare i duemila miliardi. L’unico dato positivo e’ la diminuzione di circa duecento punti dello spread era 570 ora 363, ma il merito di questo va alla politica monetaria dell’altro Mario, cioè Draghi capo della Bce (Banca centrale europea). E Mario Monti va dicendo in giro, in ogni occasione (ma con poca convinzione) e con aria “tronfia”, che ha salvato l’Italia e “persino” l’Europa. Nella sua recente visita agli emirati arabi, ha invitato gli sceicchi di andare ad acquistare in Italia perche’ ora possono acquistare a prezzi da “saldi”. E aggiunge di fare presto perche’ dopo le elezioni del 2013 “non garantisce nulla”. E’ andato fuori di testa! Ma si continua a dire che ha riportato “dignità” all’Italia. Ho trovato esagerato, e non lo condivido, che Paolo Barnard (giornalista e scrittore, “antipatico” al Sistema e all’Antisistema perche’ non ha peli sulla lingua) nella trasmissione televisiva “L’ultima Parola” abbia dato del “criminale” a Monti, ma sono del tutto d’accordo con lui nel definirlo un “bugiardo” ed aggiungo “presuntuoso”. Il governo Monti ormai e’ “finito”, andrà avanti “stancamente” sino al 10 marzo giorno delle elezioni politiche e nelle regioni del Lazio, Lombardia e Molise. La legge di stabilità, che verrà approvata tra poco, sarà l’ingloriosa “certificazione del suo fallimento”. Il governo tecnico non ha saputo dare all’Italia ciò di cui aveva bisogno.

mercoledì 14 novembre 2012

Gli italiani non hanno piu' fiducia del duo Napolitano-Monti.

La rilevazione tra il 26 e il 29 ottobre di “Spin Con” (www.spincon.it l’istituto sondaggi on-line) mette in evidenza il “crollo” della fiducia in Napolitano che va di pari passo con la “frana” dei consensi verso Mario Monti, il premier voluto proprio dal Presidente della Repubblica. Il giudizio su Monti e’ negativo per il 63,2% (molto positivo per l' 8,4%; positivo per il 28,4%). Ancora peggiore e’ il giudizio sul Governo: la percentuale degli scontenti schizza al 68%. Numeri amari anche per Napolitano. Per la prima volta, la maggioranza assoluta degli italiani boccia l'operato del Presidente della Repubblica. Alla domanda: “Quale e’ il suo giudizio sull'operato del Presidente della Repubblica?” la somma tra “molto positivo” 18,2% e “positivo” 28,7% raggiunge il 46,9%, mentre tra “molto negativo” 27,6% e “negativo” 25,5% la percentuale degli scontenti e’ il 53,1%. E’ un significativo “rovesciamento” della situazione. Questa notizia non e’ stata pubblicata in bella vista dai “giornaloni” di “regime” amanti della “democrazia”. Finalmente la maggioranza del popolo si e’ “svegliata”! Fino a ieri Monti si “esaltava” per il giudizio positivo degli italiani a lui e al suo governo, e Napolitano ne andava “tronfio”. Un anno fa Napolitano ha “cancellato” la sovranità popolare. L’Italia e’ stata “deliberatamente” divisa in due parti: le “caste” (banche, parlamentari, magistrati, apparato burocratico ecc.) e il “popolo”. Le “caste” salvate da ogni e qualsiasi ridimensionamento, il “popolo” invece chiamato a fare tutti i sacrifici necessari, e anche di più, per sanare il Paese e per mantenere intatti tutti i “privilegi” delle “caste”. Finalmente i cittadini si rendono conto che tanto Napolitano quanto Monti non sono affatto difensori dei diritti del popolo, ma hanno attuato una politica di “sfruttamento” e di “ingiustizia”: e parlano di “equità”! Di fronte agli ultimi dati negativi dell’Istat (Istituto nazionale di statistica) Monti continua a dire che va tutto bene e fra poco usciremo dalla crisi (la Merkel prevede che continui per almeno altri 5 anni). Ora i cittadini hanno aperto gli occhi accorgendosi che “sono stati presi in giro”. E’ ora che Napolitano e Monti vadano ai “giardinetti” marchiati a fuoco per aver rovinato il Paese. Non si deve aver paura di abbattere tutto, se nei cittadini, di qualunque tendenza politica, e’ comune la volontà di edificare uno Stato nuovo. L’Italia e’ stata ricostruita dopo la seconda guerra mondiale grazie a uomini animati dalla concorde volontà di ricostruire. Ora dovrebbe essere più facile. Pero’ occorrono nuove personalità, capaci e oneste, “votate al bene comune” che possono essere reperite tra gli “onesti” che sono la stragrande maggioranza e, come nel dopoguerra, avverrà un secondo “miracolo economico”. Angelino Alfano e Matteo Renzi potrebbero essere gli artefici, ma prima dovranno essere cacciati via tutti i “dinosauri” della politica ed “impedire” ai vari “Fiorito” di entrare in politica per “arricchirsi” personalmente.

L'elenco dei "dinosauri" nel Parlamento italiano.


Il pretesto per andare a dare un’occhiata all’anzianità di servizio dei politici italiani ce lo dà “Beppe Pisanu”, 75 anni, quasi “quaranta” dei quali passati in Parlamento. Lui, sardo dalla scorza dura, non ci pensa neanche a ritirarsi per godersi la sua “lauta” pensione. “Certo che mi ricandido, la storia d’Italia non è finita. In Sardegna c’è una famiglia che detiene il record della longevità in Italia: e voi non volete permettere a un politico sardo di detenere un record della longevità politica?” Secondo i calcoli di “OpenPolis” (www.openpolis.it) Pisanu ha superato i 38 anni, ed e’ record, visto che supera La Malfa di 33 giorni. Evidentemente e’ in atto tra i due la gara per detenere il record. Prepariamoci quindi a vederli seduti nelle rispettive aule “vita natural durante”. E gli altri? Vediamo un po’ la classifica dei “dinosauri” della nostra classe politica. Come non si fa poi dar ragione a Matteo Renzi? SENATO: 1) PISANU Beppe (PdL): 38 anni e 154 giorni; 2) MATTEOLI Altero (PdL): 29 anni e 98 giorni; 3) BERSELLI Filippo (PdL): 29 anni e 98 giorni; 4) VIZZINI Carlo (UDC-SVP): 29 anni e 59 giorni; 5) GRILLO Luigi (PdL): 25 anni e 108 giorni; 6) PONTONE Francesco (PdL): 25 anni e 108 giorni; 7) NANIA Domenico (PdL): 25 anni e 108 giorni; 8) FINOCCHIARO Anna (PD): 25 anni e 108 giorni; 9) CAMBER Giulio (PdL): 23 anni e 84 giorni; 10) POLI BORTONE Adriana (CN): 22 anni e 129 giorni. CAMERA: 1) LA MALFA Giorgio (Misto): 38 anni e 121 giorni; 2) TASSONE Mario (UDC): 34 anni e 80 giorni; 3) COLUCCI Francesco (PdL): 33 anni e 100 giorni; 4) FINI Gianfranco (FLI): 29 anni e 98 giorni; 5) CASINI Pier Ferdinando (UDC): 29 anni e 98 giorni; 6) TURCO Livia (PD): 25 anni e 108 giorni; 7) DELFINO Teresio (UDC): 25 anni e 108 giorni; 8) CALDERISI Giuseppe (PdL): 24 anni e 160 giorni; 9) MANNINO Calogero (Misto): 24 anni e 91 giorni; 10) D’ALEMA Massimo (PD): 23 anni e 191 giorni. Due cose saltano all’occhio: la prima e’ che se alla Camera i “dinosauri” stanno un po’ da tutte le parti, al Senato domina il Pdl con sette “dinosauri” su dieci. Ma la cosa da sottolineare e’ soprattutto un’altra: il “povero” Veltroni, l’unico a decidere di “rottamarsi”, era in Parlamento “solo” da 18 anni. Quasi un “novizio”!

Dare dll'Onorevole.


Nella lingua italiana il significato di “onorevole” e’ di “una persona che e’ degna di onore, di stima, di rispetto”, quindi, niente di piu’ “sbagliato” che l’appellativo viene attributo ai parlamentari italiani. C’e’ in Italia il “vezzo” di “ostentare” i titoli (più o meno meritatamente conseguiti) come se fossero “blasoni” di una nuova “aristocrazia” e a proposito dei deputati “onorevoli”, sfiorano il “ridicolo”. Ricordo di aver avuto un piacevole scambio di e-mail con un tale che si ostinava a chiamarmi (indebitamente ed enfaticamente) “Dottore”. Gli feci notare, con pacatezza, che “Dottore” non ero e che era lusinghiero per me se si limitasse a chiamarmi semplicemente “Signor” (sarebbe bello valesse anche per gli “onorevoli”!) dal momento che, oggigiorno, e’ assai più facile essere Dottori, Cavalieri, Commendatori, Grand Ufficiali e Onorevoli che “Signori”. Il titolo di “onorevole” ebbe origine all’epoca in cui il mandato “era gratuito” e rappresentava un segno di riconoscimento dei membri delle due Camere legislative eletti dal popolo. Dopo la proclamazione dell’Unità d’Italia, di cui l’anno scorso e’ stato celebrato il centocinquantesimo anniversario, entrarono al Parlamento di Torino avvocati, notai, medici e persone semplici. Accortosi del loro disagio di sedere accanto ai principi, ai duchi, ai marchesi, ai baroni il primo ministro, conte Camillo Benso di Cavour, pensò di dare a tutti i deputati il titolo di “onorevole”, non potendo estendere ai borghesi i titoli nobiliari. Il fatto che questo titolo non esistesse in nessun altro Parlamento del mondo non sfiorò la mente di Cavour né, men che meno, quella dei deputati del Regno d’Italia. E fu così che del titolo di “onorevole” hanno continuato a fregiarsi i nostri parlamentari per circa 78 anni. Fino al 1939. Fu, infatti, in quell’anno, XVII dell’era fascista, che Achille Starace, segretario del Partito Nazionale Fascista, decise di abolirlo col Foglio d’Ordini n. 1277 del 4 marzo 1939 e di sostituirlo col titolo di “consigliere nazionale”. Dopo la caduta del fascismo, e la nascita della Repubblica, i deputati “democratici” hanno ripreso a fregiarsi di questo “inappropriato” titolo. Nel ridurre gli stipendi e nell’abolire i vitalizi e i privilegi dei parlamentari (ma quando?) il governo Monti farebbe bene a cancellare anche il titolo di “onorevole”. Non servirà a ridurre il nostro debito pubblico né a risolvere la drammatica crisi economica, ma almeno si smetterà di chiamare “onorevole” chi di onorevole non ha nulla. Alcuni giorni fa e’ accaduto un fatto “curioso” al Bundestag: il Parlamento tedesco. Nell’iniziare il suo intervento il deputato“Martin Schulz” (quello che ebbe un battibecco acceso con Berlusconi nel luglio del 2003 e che tra tre giorni, 18 novembre, Napolitano nominerà Cavaliere della Repubblica italiana per premiarlo di aver offeso il Primo Ministro italiano) si e’ rivolto all’Assemblea con un sorprendente “onorevoli colleghi”. Il Presidente lo ha subito richiamato: “Signor Schultz, le ricordo che non siamo a Roma nel Parlamento italiano e perciò la invito a non usare più questo strano titolo”. Nessuna meraviglia che nessun giornale italiano ne abbia dato notizia. I nostri giornalisti sono corresponsabili del “malvezzo” dei politici italiani (parlamentari, eurodeputati, consiglieri regionali e, addirittura, certi consiglieri provinciali e comunali) di attribuirsi il “ridicolo” e “inappropriato” titolo di “onorevole”. Riscuotere esagerati stipendi ed avere scandalosi privilegi e “fregiarsi” del titolo di “onorevole” sono le facce della stessa medaglia.

martedì 6 novembre 2012

Troppa faziosita', ottusita', irragionevolezza, delirio nella stampa.

A volte, leggendo i giornali, si ha la sensazione di entrare in un mondo “delirante”. A proposito dell’astensionismo in Sicilia si pensa che sia un campanello d’allarme che mette a rischio il sistema politico. Di sicuro e’ un forte richiamo ai partiti politici ad avere piu’ “moralità” iniziando a non dissipare il denaro pubblico. I politici devono capire che e’ giunto il momento di tagliare il troppo denaro che alimenta la politica. Ma la politica può cambiare? Difficilmente. I difetti della politica sono tutti “insiti” in quasi tutti gli italiani. Quindi l’astensionismo, oggi siciliano e domani nazionale, non produrrà nessun cambiamento. Il giornalista Massimo Franco (Corriere della Sera) dà la colpa dell’astensionismo a Berlusconi, e te pareva che la colpa non era sua! “È la voragine lasciata dalla triste decadenza di Silvio Berlusconi e del suo sistema di potere, che si traduce per ora in astensionismo, frammentazione e derive populiste”. A parte la “sciocca” e “faziosa” denuncia, si dimenticano i fatti. La coalizione (Pd ed Udc), che ha eletto Crocetta in Sicilia, ha ottenuto circa il 10% in meno del totale dei voti messi insieme delle liste per Micciché e Musumeci. Dunque, più che di “decadenza” del centrodestra, almeno in Sicilia, bisogna parlare di “divisioni”. Questa e’ la realtà. Passiamo a Mario Monti che ha battuto tutti i record. Ha sostenuto, “pavoneggiandosi” senza alcuna “sobrietà”, che si può ottenere il consenso anche adottando provvedimenti sgradevoli, purché siano “giusti”: infatti il suo governo e’ “più popolare dei partiti politici”. Ha insomma attribuito a sé stesso i meriti (molto dubbi) della sua politica quasi che i precedenti governi avessero avuto, come lui ha, l’appoggio “simultaneo” del centrodestra e del centrosinistra. Dopo queste parole Monti meritava di essere sonoramente “spernacchiato” e invece niente. Nessuno ha detto che il nostro primo ministro somiglia a uno che, montando sulle spalle di due suoi “amici” (Pdl e Pd), si vanti di essere l’unico capace di scavalcare il muro. Per non parlare dei segni di ripresa che dice di essere “prossima” quando tutti sanno che occorreranno ancora molti anni prima che s’intraveda. Il “delirio” nazionale non conosce limiti. La ministra Fornero ha detto che i giovani italiani sono “choosy”, (schizzinosi) nella scelta dell’occupazione. E’ una cosa piu’ che ovvia, perché se così non fosse in Italia non ci sarebbero tanti immigrati. Se gli italiani non rifiutassero i lavori in cui sono occupati gli immigrati, in Italia ci sarebbe la piena occupazione. Trecentomila sono le imprese gestite dagli immigrati (impiegano oltre 900mila persone) e ne nascono centinaia ogni giorno mentre, giornalmente, mille sono le imprese gestite dagli italiani che chiudono. Ma gli italiani, che non si “indignano” per cose gravissime (a cominciare dal mal funzionamento della giustizia), si “incazzano” di brutto se si dice che molti giovani sono “viziati”. Insomma la ministra “ipocritamente” avrebbe dovuto dire che tutti i giovani sono “indefessi lavoratori” pronti a sacrificarsi. Con questa “mentalità” l’Italia ha poche possibilita’ di risalire la china. Troppa ipocrisia, ottusità, irragionevolezza che “illude” e non “responsabilizza” i giovani che alla fine rimarranno sempre piu’ “smarriti” e….“disoccupati”.

Beppe Grillo "premier" e Tonino Di Pietro "Presidente delle Repubblica".


Proponendo Antonio Di Pietro come “Presidente della Repubblica” il “comico” Beppe Grillo ha fatto “sganasciare” dalle risate diventate “irrefrenabili” quando ha sottinteso che lui potrebbe essere “Primo ministro”. Ve l’immaginate a quanti punti salirebbe lo “spread” se questa malaugurata eventualità si concretizzasse? Piu’ nessuno comprerebbe i titoli di Stato italiani il che significherebbe la bancarotta definitiva per l’Italia che si ridurrebbe peggio della Grecia. Grillo ha elencato le qualità positive di Di Pietro che si riassumono in due: l’essere “onesto” e “antiberlusconiano”. La prima qualità e’ provata dal fatto che “e’ stato assolto dalle accuse”. Se le “assoluzioni” sono una dimostrazione di onestà, Berlusconi batte Di Pietro di gran lunga: infatti, a vario titolo, ne ha collezionate oltre trenta. Rimane l’antiberlusconismo, ma anche qui bisognerebbe dimostrare che Di Pietro e’ superiore agli altri. In questo campo i concorrenti sono “decine di milioni”. Sui giornali, nei blog, dovunque si possa far sentire la propria voce sono milioni quelli che non si sono privati di scrivere, di dire e di gridare “le cose peggiori che si possano immaginare”, su Berlusconi. Rimane l’azione politica. A sentire Grillo, Di Pietro e’ “l'unico che ha tenuto la schiena dritta in un Parlamento di pigmei”. Forse Grillo vuole premiare Di Pietro per la “virulenza popolaresca” dei suoi attacchi, per la fantasia negli insulti e nelle accuse? Sarebbe un “autogol”. Ad ammettere che Di Pietro abbia questo poco invidiabile primato, siamo sicuri che queste “qualità” siano le migliori per ricoprire la carica di “Presidente della Repubblica” che richiede “decenza”, buon gusto, cultura, solennità e atteggiamento “super partes”? Insomma Grillo con la sua idea di Di Pietro al Quirinale ha fatto “scompisciare” dalle risate, ma l’ha fatta per un altro motivo. Si e’ lasciato andare a grandi elogi per Di Pietro per una “clamorosa” alleanza in vista delle elezioni politiche. E per questo era necessario proporre Di Pietro come Presidente della Repubblica? Ha commesso un errore “clamoroso”. Grillo ha fondato un movimento che, a sentir lui, non e’ guidato dall’alto, ma parte dal basso ed e’ dominato dai militanti. Insomma il suo movimento e’ l’applicazione della “democrazia diretta”. Ebbene, ha consultato la base, Grillo, prima di aprire a Di Pietro? E anche Di Pietro, che ha subito spalancato le braccia a Grillo, ha consultato almeno la dirigenza dell’Idv? Non si direbbe proprio. E, infatti, le reazioni delle loro “basi” sono state negative e molto “indignate”. La base del “movimento cinque stelle” si sta ribellando a Grillo. Per Di Pietro e’ arrivata la resa dei conti. L’Idv (Italia dei Valori) e’ considerato un partito morto dai suoi maggiori esponenti come il Sindaco di Napoli Luigi De Magistris, il Sindaco di Palermo Leoluca Orlando e il capo gruppo alla Camera Massimo Donadi che si e’ dimesso.

La condanna in primo grado a Berlusconi.


I PM di Milano hanno responsabilità dirette della crisi economica in cui l'Italia sta “annaspando”. Sono colpevoli di aver disatteso la “Ragion di Stato” perseguitando immotivatamente per circa 20 anni Berlusconi come Premier in carica, solo per la loro personale arrampicata sociale e per lotta politica. Specialmente Bruti Liberati non ha mai preso le distanze dai “delinquenti” delle Brigate Rosse, anzi sembra ancor oggi simpatizzare per i terroristi degli anni di piombo, che tanto sangue hanno versato mentre io (neppure trentenne) ero impegnato a mantenere i miei quattro figli (a quell’epoca, diventati poi cinque nel 1981) invece di andare in giro in manifestazione a fare il “deficiente”. Quella a Berlusconi e' senza dubbio una sentenza politica, come sono politici i tanti processi “inventati” a suo riguardo. La sentenza e’ la conferma di un vero e proprio “accanimento giudiziario” e dell’uso della giustizia a fini di lotta politica. Ci sono molte prove dell’innocenza di Berlusconi due delle quali assolutamente inoppugnabili: 1) L'accusa lo vorrebbe socio di due imprenditori americani, uno dei quali non ha mai conosciuto. Se fosse stato socio di questi imprenditori sarebbe bastata una sua telefonata all'ufficio acquisti di Mediaset per far acquistare i diritti televisivi, che questi due imprenditori volevano vendere, senza pagare tangenti. 2) Se fosse stato socio sarebbe subito venuto a conoscenza di una tangente così elevata versata ai responsabili del servizio acquisti, e non avrebbe potuto che provvedere al loro immediato licenziamento, visto che per quell'ufficio passavano 750 milioni di acquisti all'anno. Nessun imprenditore si sarebbe potuto comportare diversamente, permettendo di continuare a rubare ai danni della sua azienda e di se stesso. Quando non si può contare sull'imparzialità dei giudici, un paese diventa incivile, barbaro, invivibile e cessa anche di essere una democrazia. Stessa cosa diceva Maximilian Robespierre oltre due secoli fa:“Popolo, ricordati che se nella Repubblica la giustizia non regna con impero assoluto, la libertà non è che un vano nome!”. E' triste, ma la situazione dell’Italia oggi e’ così.

P. S.: Un’incredibile notizia. Napolitano il 18 novembre farà “cavaliere” della Repubblica Italiana “Martin Schulz”, l’eurodeputato tedesco divenuto famoso per il battibecco del luglio 2003 al Parlamento europeo con l’allora premier italiano Silvio Berlusconi, e proprio quell’episodio lo ha portato a diventare nientemeno che presidente dell’Aula di Strasburgo. Napolitano “premia” Schulz per avere offeso Berlusconi. Un vergognoso gesto anti italiano.