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lunedì 30 gennaio 2012

Le "spacconate" di Mario Monti.

Il “senatore a vita” (25mila euro mensili vita natural durante) per grazia ricevuta da “Re” Napolitano, ora e’ presidente del consiglio italiano e questo gli ha dato alla testa tanto da affermare che, grazie alle sue “liberalizzazioni”, il Pil (Prodotto interno lordo) aumenterà dell’11%, i consumi dell’8% e i salari reali di quasi il 12%. Perbacco! Dunque tra poco in Italia comincerà un periodo di “cuccagna”. Ma mi sa tanto che ci stanno raccontando “balle”. Se le “liberazioni” daranno dei frutti (come tutti speriamo) si vedranno tra non meno di dieci anni. Intanto, da ciò che leggo, e che mi raccontano, strozzati dalla “recessione” ogni giorno di più le fabbriche e i negozi chiudono, oppure si trasferiscono in territorio straniero, dove non esistono i lacci e lacciuoli che legano e immobilizzano l’economia italiana. Queste notizie sono tenute ben nascoste dalla “grande stampa”, tanto da farmi ricordare che un analogo comportamento l’aveva la stampa quando sulla scena politica apparve quello che fu considerato il “salvatore della patria”: Benito Mussolini. I giornali di “regime” dicono “che tutto va bene” e che Monti gode della totale fiducia di Bruxelles, della Merkel, di Trichet, di Draghi, di Sarkozy, di Cameron, di Obama. Ma i numeri dei mercati sono gli stessi quando c’era Berlusconi con le sue innumerevoli manovre estive. Allora gli stessi giornali dicevano “che tutto andava male”. Non si sa per quanto tempo Monti riuscirà a stare in “equilibrio” se non affronterà drasticamente l’emergenza finanziaria e del sistema produttivo Italia. Se i tassi di interesse e il famigerato “spread” stanno scendendo non e’ in conseguenza dei provvedimenti adottati dal governo Monti, bensì dall’azione di Mario Draghi che sta agendo, con il suo prestigio, con graduali ma importanti risultati. La fortuna dell’Europa, e di conseguenza dell’Italia, non sta nell’aver al governo Mario Monti, ma di avere alla guida della Bce (Banca centrale europea) Mario Draghi. L’Italia oggi vive un periodo dove “aleggia” uno spirito “miracolistico” come nel “famigerato ventennio”, e guai a fare il “controcanto”. Gli italiani non hanno più soldi in tasca da spendere per far crescere i consumi. Come si potrà mai raggiungere quell’8% così “solennemente” proclamato? Pensate soltanto per un secondo se questa affermazione “lunare” fosse stata fatta da Berlusconi. Ve l’immaginate i commenti “sarcastici” ed “ironici” che avremmo letto sulla “grande” stampa. Nel corso dell’anno ci saranno altri inasprimenti fiscali, come l’aumento dell’Iva, sarà assai difficile che una famiglia riesca a consumare di più. E le aziende? Come faranno a produrre se non ci sarà consumo interno? Produrranno per l’esportazione? Per chi, se anche gli altri Paesi sono in difficoltà economiche? E poi ci sono giganti che hanno le stesse ambizioni: Gran Bretagna, Germania, Francia, in Europa. Usa, Cina, Brasile, India, e qualche altra nel mondo. Basterà produrre ed esportare moda di alta classe per ripagare il debito pubblico? L’unico campo che produrrebbe ricchezza in abbondanza e’ quello della valorizzazione delle nostre bellezze artistiche e naturali. Invece ci si “fissa” di battere la concorrenza di nazioni più attive e intraprendenti in campi in cui la forza industriale dell’Italia resta e resterà assai modesta. Per abbattere l’astronomico debito pubblico (1900miliardi di euro), perche’ ancora non si sta facendo nulla per la “dismissione” del patrimonio immobiliare inutilizzato stimato a circa 700miliardi di euro? E poi, terminata l’esperienza del governo tecnico, chi occuperà lo spazio che presto sarà lasciato libero? Chi si sta preparando? Credo che siano in parecchi, ma ci sarà una possibilità di scelta per gli italiani? E se ci sarà, chi sceglieremo fra i “campioni” e i “brocchi”? Il mio auspicio e’ che una bella squadra di giovani quarantenni capaci e competenti, professionali, non fanaticamente “ideologizzati”, prendesse l’iniziativa e proponesse una alternativa a questa “marmaglia” di partitocrazia ormai del tutto inutile e delegittimata piena di “quaraquaqua’” con idee non piu’ aderenti alla realtà e dal linguaggio che piu’ nessuno capisce. E’ una possibilità che dovrebbe essere colta al “volo” dalle nuove generazioni per evitare che qualche “furbacchione” incompetente e pericoloso a se e agli altri ne approfitti. L’alterativa sarebbe tanti altri anni ancora di “consociativismo” tra gli ex “democristiani” e gli ex “comunisti” che “tenteranno” di governare “mascherati” sotto altri nomi.

Gli sfigati.

Secondo Michel (chi sa perche’ no Michele) Martone, viceministro al lavoro, chi non si laurea entro i 28 anni e’ uno “sfigato”. Non e’ del tutto appropriata la parola, ma ha ragione. Ha anche detto che chi frequenta un istituto professionale e’ bravo, così come e’ da ammirare chi studia “sodo” e spregiativamente viene denominato “secchione” piuttosto che chi fa il furbo, copia e si diploma o laurea non sapendo un bel niente. Come sempre, quando si dice la verità, succede un “pandemonio” perche’ i “perbenisti” si scandalizzano. Martone ha 38 anni e a 29 anni già insegnava all’università’. Poiché e’ “figlio di papà” probabilmente per lui e’ stato molto piu’ facile frequentare l’università’ di un figlio di operai. Pero’ non credo che questa sia la sostanziale differenza. E’ scontato che chi ha meno soldi dovrà laurearsi piu’ in fretta possibile per entrare al piu’ presto nel mondo del lavoro e non essere un costo per la famiglia e la collettività. Mentre il “figlio di papà” può frequentare l’università’ per “ammazzare il tempo”, sprecando anche quattrini, per raggiungere una ”laurea” qualsiasi essa sia rimanendo, comunque, del tutto un “ignorante”. Ah il sogno del pezzo di carta! Non sfugge che chi ha “competenze” vere ha piu’ probabilità di trovare lavoro di un “somaro” seppure laureato. Infatti, il valore delle “competenze” lo stabilisce il “mercato” e non la “laurea”. Nell’amministrazione statale si “rifugiano” molti laureati “incompetenti” che fanno carriera per il loro “pezzo di carta” ed e’ per questo e’ ben nota la “scarsissima efficienza” della gran parte dell’apparato statale. Se vogliamo che termini questo “sconcio” e che ci sia piu’ “efficienza” nello Stato, il valore del titolo di studio deve essere abolito. E Martone, che ora e’ al governo, dovrebbe far del tutto perche’ questo accada. Bene la petizione che e’ stata proposta per abolire il valore legale del titolo di studio. L’Italia ha bisogno di piu’ persone “competenti” e non di “laureati” fasulli.