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martedì 7 agosto 2012

Ricordate la prima Conferenza Internazionale dei Giovani del 2008?


Dal 10 al 12 dicembre 2008 a Roma si tenne la “prima Conferenza mondiale dei giovani italiani nel mondo” alla quale parteciparono 414 delegati, giovani di seconda e terza generazione, ma non sono mancati, seppure in misura minore, i rappresentanti di quella più recente emigrazione italiana che e’ stata definita come “fuga di cervelli” o come emigrazione “specializzata”. Oltre a questi furono invitati 200 giovani residenti in Italia selezionati dalle Regioni, Partiti, Sindacati, Confindustria, il Ministero della Gioventù, il Ministero dell’Istruzione e la Consulta Nazionale dell’Emigrazione. Ricorderete che sul giornale “Libero” venne pubblicato un articolo a firma del Direttore Vittorio Feltri che apostrofo come “papponi” i discendenti degli emigranti italiani. Con un mio articolo fui l’unico a “contestare” Feltri ma ora, alla luce dei risultati, credo che avesse avuto ragione. I lavori della “Conferenza” furono aperti ufficialmente il 10 dicembre alla Camera dei Deputati alla presenza del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, e ai presidenti di Camera e Senato, Gianfranco Fini e Renato Schifani. Non e’ mancato il discorso di Mirko Tremaglia (ora defunto) che, grazie a Berlusconi, e’ stato “l’unico Ministro per gli Italiani nel mondo”. La parte più importante dei lavori si svolse all’interno dei “gruppi tematici” che anno lavorato “intensamente” su cinque temi: 1) Identità italiana e multiculturalismo; 2) Lingua e cultura italiana; 3) Informazione e comunicazione; 4) Mondo del lavoro in Italia e lavoro nel mondo; 5) Rappresentanza e partecipazione. I cinque gruppi, dopo “animate e accalorate discussioni”, giunsero all’elaborazione di un documento di sintesi finale che fu presentato in sessione plenaria il 12 dicembre. Dai documenti emerse soprattutto “la voglia dei giovani di partecipazione”. Sono passati quattro anni e dei quasi tutti i 414 delegati esteri (piu’ 200 italiani) alla prima Conferenza non vi e’ piu’ traccia e di tutti i loro “buoni propositi” neppure uno e' stato “realizzato”. Largo ai giovani sì, se hanno la “capacità” e “l’entusiasmo”, la “forza” ed il “coraggio” di portare avanti e realizzare gli obbiettivi.



Il costo delle Regioni a Statuto Speciale soprattutto della Sicilia.


L’economia italiana e’ allo stremo. E’ da alcuni anni che si sta stringendo la cinghia e si dovrà farlo ancora per molti anni ancora. Si chiedono a tutti gli italiani sacrifici continui, con più nuove alte tasse o ancora con tagli ai servizi pubblici. Il 2012 sarà un anno di “forte recessione”, a cui seguirà il 2013 di “regressione”. Eppure, lo Stato continua a permettersi il lusso di avere ben cinque “regioni a statuto speciale” che sono: Valle D'Aosta, Trentino Alto Adige, Friuli Venezia Giulia, Sicilia e Sardegna. Cosa significa che hanno uno statuto speciale? Che esse godono di una “maggiore autonomia” di quella che la Costituzione concede a tutte le altre regioni. Perché solo queste regioni hanno maggiore autonomia e non altre? Perché si tratta di Regioni situate ai confini dell’Italia, in molti casi con la presenza di “minoranze linguistiche”, che la Costituzione ha voluto “tutelare”. E’ il caso dei francofoni della Valle D'Aosta, della minoranza tedesca in Trentino, della stessa popolazione sarda, culturalmente e linguisticamente “unica”. Quanto al Friuli, la sua autonomia e’ stata la conseguenza della sua posizione di confine con l’ex Jugoslavia, in particolare, dopo la tragedia degli “esuli dalmati” e della temporanea divisione di Trieste in due zone, dopo la seconda guerra mondiale. Più “strano” e’ il caso della Sicilia, in cui dopo la fine della seconda guerra mondiale si organizzarono “movimenti secessionisti”, i quali si scontrarono con l'esercito regolare italiano, causando migliaia di morti e violenze inaudite da entrambe le parti. Non e’ casuale, quindi, che la Sicilia goda non già di un semplice statuto, bensì di una vera Costituzione, risalente al maggio 1946, cioè ancor prima dell’entrata in vigore della Costituzione italiana. Non a torto, la Sicilia viene considerata uno “Stato nello Stato”. Infatti, fino al 1954, esisteva in questa regione una Corte Costituzionale propria, chiamata “Alta Corte”, che aveva il potere di stabilire quali leggi nazionali “fossero legittime in Sicilia e quali no”. Fu la Corte Costituzionale nazionale a “sopprimerla” dichiarandola un doppione del suo stesso potere. Il caso siciliano e’ veramente molto “strano”. Primo perche’ non c’e’ una “minoranza linguistica” da tutelare. Secondo, che a differenza delle altre Regioni, la Sicilia non avrebbe nemmeno “una sua ricchezza economica” da tenere per se correndo il pericolo di una “redistribuzione” a suo svantaggio delle tasse che lo Stato trasferisce alle Regioni. Infatti, non e’ tra le Regioni del Paese che hanno tutto il vantaggio da una gestione delle proprie finanze, perche’ genera ricchezza sotto la media nazionale. Ecco perche’ la “Lega Nord” insiste da sempre che le Regioni ricche del Nord mandino meno soldi a Roma. Se cosi’ facessero porterebbe il Nord a godere di maggiori finanze da gestire autonomamente. Il paradosso delle Regioni a “statuto speciale” e’ che non si tratta di Regioni “ricche”, che reclamavano maggiore autonomia finanziaria, bensì di aree per lo più “povere” e “arricchite” proprio dagli enormi trasferimenti a loro erogati dallo Stato centrale. Il caso più eclatante e’ quello del Trentino Alto Adige, che ha ricevuto copiosi trasferimenti alle sue “province autonome” di Trento e Bolzano, che incassano dallo Stato i “nove decimi” di quanto fiscalmente lo Stato riceve da quei territori. Nel 2011, la Provincia Autonoma di Trento ha chiuso il suo bilancio in pareggio, grazie a trasferimenti statali per 3,9 miliardi. Eppure la “minoranza tedesca” nella Provincia di Bolzano ancora oggi “inveisce” contro “presunte violazioni” dei loro diritti, quando “sono stati beneficiari di privilegi”, che nessuno Stato al mondo ha mai concesso a una “minoranza”. Gli italiani a Bolzano sono stati, invece, oggetto di una “discriminazione all'incontrario”, mentre la burocrazia e’ passata saldamente nelle mani dei tedeschi. I dati demografici mostrano come da “minoranza”, gli italiani di origine tedesca, siano diventati “maggioranza”. Inoltre la Regione ha oggi un numero di impiegati pubblici del 32% superiore alla media nazionale. E, grazie alla “manna” da Roma, gli altoatesini pagano tasse molto meno che nel resto d'Italia. Ritornando alla Regione Sicilia essa ha il potere, tanto per fare un esempio, di fare entrare in vigore solo le leggi nazionali che ritiene piu’ opportune e questo per “statuto”. Per una sua qualsiasi modifica deve non solo essere preventivamente approvata a maggioranza dai “deputati” (non si chiamo consiglieri, qui!) dalla “Assemblea Regionale Siciliana” (non si chiama Consiglio Regionale, qui!), bensì pure in doppia lettura alla Camera e al Senato, come qualsiasi altra riforma della Costituzione. In conclusione la Sicilia da sempre e’ “immutabile”. E’ da anni che il governo centrale italiano parla insistentemente di tagli delle province, “tali leggi non si applicheranno in questa regione”, perche’ solo la Regione Siciliana ne ha la competenza. Infatti, in Sicilia, le province “istituzionalmente” son “regionali”, perché dipendono direttamente dalla Regione. Cosa significa questo? Che il taglio delle province con meno di 350 mila abitanti, previsto dal governo Monti, non avverrà in Sicilia. Sarà facoltà soltanto del suo nuovo governatore, ma capirete benissimo quanta voglia avrà chiunque succederà a Raffaele Lombardo. E’ bene chiarire che la Sicilia non e’ a rischio bancarotta, ma ha problemi di liquidità per gli “enormi sperperi”. Le guardie forestali sono 28 mila, “superiori a quelle di tutto il Canada”, mentre gli impiegati pubblici regionali sono oltre 21 mila, ossia “il triplo” di quelli della Lombardia, che ha quasi il doppio della sua popolazione. La spesa regionale per il personale, pari all’incredibile cifra di 1.758 miliardi di euro all’anno, contro gli appena 202 milioni della Lombardia. Un altro “eclatante” esempio di spreco? Per stenografare un discorso di Lombardo di 60 minuti si sono succeduti ben 18 dipendenti. Uno ogni tre minuti. Sapete quanto guadagna uno stenografo in Sicilia? Tra 2.500 e 6.000 euro al mese! Per tre minuti di lavoro! Chi crede che tanta “manna dal cielo” sia a vantaggio dei siciliani si sbaglia di grosso. L’enorme spesa pubblica siciliana, per altro “inefficiente”, avvantaggia solo e sempre “una ristretta cerchia di “burocrati e politici”, che controllano il territorio come i “picciotti”. Ecco perche’ la Sicilia e’ da sempre tra le Regioni “peggio messe” dell’Italia. Ha un’occupazione che neppure arriva al 50%. Quella femminile e’ a poco più di un terzo. Il reddito pro capite, pari ad appena 17 mila euro, contro i 26.700 euro di media nazionale. Insomma, a cosa e’ servito lo “statuto speciale” in Sicilia? A mantenere al potere una “casta politica democristiana”, che si succede ininterrottamente da 65 anni al governo della Regione e in quasi tutte le provincie e comuni dell’isola. Tutto questo e’ stato possibile solo grazie allo “statuto speciale”, che consente a un “flusso immenso di denaro” che Roma gli manda per coprire le “irresponsabilità dei politici siciliani” che non hanno mai creato “efficienza” e tanto meno “sviluppo”.