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martedì 26 febbraio 2013

Persa un buona occasione.

Se il Pdl avesse vinto le elezioni con un consistente margine di vantaggio, finalmente l’Italia avrebbe imboccato la strada che sta cercando da diciannove anni. L’Italia deve diventare più “liberale” e non rimanere “ingessata” com’è da uno Stato “opprimente”, costoso, inutile e “corrotto”. I governi Berlusconi tanto hanno fatto, ma tanto di più si sperava e ci si aspettava che facessero. Questo non si può negare. Ma non si può neppure negare che solo con Berlusconi certi sogni impossibili della “maggioranza silenziosa” e spremuta come un limone, si sono realizzati con l’azione del suo governo, ma anche da chi ha tentato invano di copiarlo e, quando si e’ trovato a governare, ha fatto soltanto disastri.  Non si può negare che tante riforme liberali e istituzionali sono state fatte (oltre 40) e poi sono state abrogate, cancellate, ridimensionate dai governi successivi di centrosinistra o, peggio ancora, da autolesionistici referendum, a partire dal più grande errore commesso di bocciare la riforma della Costituzione (2005), salvo poi pretendere di riavere quelle stesse riforme, come la riduzione dei parlamentari, che va tanto di moda ultimamente. Non si può negare che gli alleati, a partire dai principali Fini e Casini, hanno dimostrato la loro gratitudine. Hanno sempre sofferto del complesso d’inferiorità ed hanno sempre avuto la “smania” di sostituire Berlusconi il prima possibile, ed hanno fatto di tutto per “impedire” che quelle riforme fossero fatte. Certo, non si può neppure negare che Berlusconi abbia commesso degli errori personali che hanno offeso, deluso e allontanato tanti suoi elettori.  In queste elezioni le condizioni per un forte cambiamento, stranamente e nonostante tutto, c’erano tutte, forse più ancora che in altre elezioni. A partire dal fatto che gli alleati “traditori” si sono andati a “suicidare politicamente” da soli in un “centrino”, dove nella migliore delle ipotesi otterranno le poche poltrone disponibili e, nella peggiore, impediranno qualsiasi governabilità per pretendere poltrone che non gli spetterebbero mai in base ai pochi voti ricevuti. Poteva essere la volta buona che i partitini “tutto veto” e “niente riforme” sparissero dal Parlamento per arrivare, finalmente, a una democrazia matura e bipolare, l’unica che in tutto il mondo garantisca la maggiore governabilità con i minori costi pubblici e minori occasioni di corruzione. Sarebbe potuta essere la volta buona per imparare dagli errori commessi per non ripeterli per arrivare, finalmente, alla riduzione della pressione fiscale e della spesa pubblica. L’ultimo “disgraziato” governo ha dimostrato che i “tecnici” servono solo agli “speculatori” e ai“rapinatori” stranieri interessati a far man bassa dei risparmi degli italiani e delle loro migliori aziende. Se il Pdl avesse vinto, poteva essere la volta buona per mettere mano alla “cancrena” della magistratura politicizzata, ritornando alla suddivisione dei poteri democratica cancellata giusto vent’anni fa. La politica, quella vera, per me continua a essere fatta d’idee, di programmi, di coerenza, di disegni complessivi, di fattibilità dei programmi, non di persone, non di gossip, non di urla, non d’insulti, non di slogan vuoti. E’ vero che nessuno è immune dal vizio del potere. Ma l’unico modo per limitare questo vizio a tutti indistintamente i politici e’ quello di “limitare”, prima di tutto, il potere dello Stato in tutti le “sfere” possibili, proprio con quelle riforme liberali che ancora oggi Berlusconi e’ l’unico che ha la capacita di poter portare avanti con coerenza e concretezza.

Il Pd ha vinto ma non potra' governare.

Ormai è chiaro che Bersani  non solo non e’ riuscito a “smacchiare il giaguaro” ma ci ha rimediato una bella “zampata”. Il Pd, vincendo sul Pdl di qualche decimo (0,40%) alla Camera, ha la maggioranza assoluta per aver ottenuto il premio di maggioranza, ma non ha la maggioranza in Senato. Come farà a governare? Che il Movimento 5 Stelle otteneva moltissimi voti e seggi ormai lo aveva capito tutti. Si spera che finalmente questo serva almeno a far comprendere ai partiti tradizionali che e’ arrivato il momento di tenerne conto e di dare all’Italia quella svolta che aspettiamo tutti da tempo. L’ipotesi di dare stabilità al Paese, con un nuovo governo di centro sinistra, che è stato il “chiodo fisso” di Napolitano, di Mario Monti e di Pierluigi Bersani fin dal momento della caduta del governo di Silvio Berlusconi e della nascita del governo tecnico, si e’ dissolta come neve al sole. Ora a Bersani e al Pd, ma soprattutto a Napolitano, che è poi quello che decide davvero, si prospettano diverse strade. La più classica da prima repubblica: “raccattare” i voti del “centrino” di Monti, rendendo palese l’accordo da tempo raggiunto, spartirsi le poltrone, iniziare a litigare dal giorno dopo, tirare a campare finché si può senza fare nulla, mantenendo l’Italia nella ingovernabilità perenne in cui vive da 65 anni. Il “centrino”, che non è altro una nuova versione del consociativismo “cattocomunista”, nonostante il suo scarso peso politico, non rinuncerà a “ricattare” il Pd. Forse non riuscirà a imporre Mario Monti presidente del consiglio, ma nelle decisioni importanti, o si fa come dicono loro, oppure “ciccia”. Per “neutralizzare” Monti, Bersani pensa di avere l’asso nella manica convincendo gli eletti del Movimento 5 Stelle di “saltare il fosso”. Quando questo lo fa Berlusconi e’ “corruzione”, se lo fa Bersani e’ “scouting”. Non riuscirà a convincerne molti, salvo non intervenga Vendola a convincere qualche nostalgico comunista duro e puro a tornare alle origini. Per fare questo, però, bisognerebbe ritornare al”statalismo puro che il Pd, con tutti gli intrecci economico/finanziari (vedi Monti dei Paschi di Siena) ha creato negli ultimi anni, non può permettersi per non perdere l’appoggio dei “poteri forti” che lo sostengono più o meno palesemente. Il nuovo Parlamento “a tempo” sarà formato da soggetti che fanno politica per professione da sempre e da chi ha alle spalle, come unica esperienza politica, i comitati No-Tav, i centri sociali, le dimostrazioni violente di piazza o qualche altra esperienza di protesta, insomma  da “qualunquisti”. Bersani e i suoi dirigenti sono convinti di aver facile gioco nel dividere e gestire questa “massa di dilettanti” allo sbaraglio mandati in Parlamento da Grillo e dalla rabbia popolare. Infatti, sono convinti che anche questi, una volta in Parlamento, subiranno la “metamorfosi” di trasformarsi da “brave e oneste persone” a “normali” parlamentari che pensano “esclusivamente” ai “casi” loro. La natura dell’uomo è sempre la stessa ed è molto probabile che questo avvenga. Bersani & Co. s’illude se pensa che un Paese, in crisi profonda, possa essere governato in maniera continua e stabile da un’armata Brancaleone. Quindi e’ bene incominciare a pensare fin da ora alle prossime elezioni. Berlusconi tenterà di tirare fuori dai guai Bersani e il Pd proponendo, come già aveva fatto con Prodi nel 2006, di accordarsi per un governo che si occupi solo degli affari correnti, trasformando questa legislatura in “costituzionale” per “svecchiare”, finalmente, una Costituzione del tutto “inadatta” a rendere “governabile” e “competitiva” l’Italia. Solo i due principali partiti lo possono fare, perché sono gli unici che possono aspirare a governare in una democrazia moderna. Stop a governi “ricattati” dai piccoli partiti che sono stati la principale fonte di crescita della spesa pubblica e della “corruzione”. Stop alla magistratura che deve tornare al servizio dei cittadini e non dei magistrati. Tutto sommato un risultato positivo queste elezioni l’ha ottenuto. Con l’Udc di Casini all’1,8% e il Fli di Fini allo 0,5% i due vecchi “marpioni” sono fuori dal Parlamento. Sembra però che Casini possa salvarsi ottenendo un seggio al Senato, invece nessuna poltrona per Fini e per Di Pietro.