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sabato 3 gennaio 2015

Il ballo di Matteo non basta all'Italia



 Ven, 02/01/2015 


Ci vuole ritmo per ballare la samba più che per sollevare l'Italia. Lo dico a Matteo Renzi, protagonista assoluto dell'anno appena finito. La samba andava bene per il trenino di fine anno ma non per muovere la locomotiva Italia. 


Bilancio di Capodanno dell'one man show al governo: Renzi è stato il brillante surrogato di un premier vero, la protesi smagliante di quel che ci vorrebbe all'Italia. 


Ha mimato alla perfezione un nuovo risorgimento, ha simulato la rinascita italiana, come fanno i bambini quando giocano a imitarei grandi.

Ora ci vorrebbe qualcuno che facesse sul serio quel che Renzi dice ogni giorno, qualcuno che uscisse dallo schermo, dalle gag, dallo show e realizzasse nella realtà quel che Matteo enuncia, mima e sceneggia. 
Intendiamoci, meglio lui di chi l'ha preceduto, meglio simulare un trenino festoso che un funerale. Renzi si circonda di cloni renziloqui, punta a sollevare il morale, lancia coriandoli e stelle filanti, annuncia cannonate e spara cerbottane.
Figo, ma l'Italia avrebbe bisogno di un premier vero e di Trenta Tiranni coi fiocchi, con ampio mandato e forti poteri decisionali in ciascun settore vitale: nell'economia e nel lavoro, nella scuola e nella ricerca, nei trasporti e nell'ambiente, nella sanità e nelle opere pubbliche, e così via. 
Libertà d'opinione e di critica, ma trenta dittature a tempo determinato per mutare radicalmente lo Stato e il Paese. 
È quel che sognano in tanti e confessano in pochi. 
Matteo è un aperitivo, ha aperto l'appetito di governo vero.








 

lunedì 29 dicembre 2014

La catastrofe e' vicina?

L'attuale crisi risale al 2008, sono dunque già passati sei anni. I principali governi della zona euro sembrano in una posizione d'attesa, come se la crisi dovesse risolversi da sé. Nel 1950 la “Borsalino” fabbricava ottimi cappelli. Dal momento che tutti gli uomini avevano una testa e portavano un cappello, nessuna crisi era prevedibile. E tuttavia l'inverosimile accadde: la moda cambiò radicalmente e si passò da "tutti gli uomini col cappello" a "tutti senza cappello". Nei cinquant'anni seguiti alla Seconda Guerra Mondiale, il mondo economico europeo ha creduto a un’eterna stabilità. Forti erano le convinzioni. La prima è stata quella di un’inarrestabile crescita: la ricchezza non può che aumentare, compensando, con l'incremento del gettito fiscale, le spese statali azzardate, il debito pubblico accumulato e gli errori di gestione. La realtà ha dimostrato che non è così, ma la convinzione è tanto forte che, mentre abbiamo sotto gli occhi un periodo in cui non si cresce e l'Italia va addirittura indietro, si parla di "crescita zero".  Sino a pochi anni fa si aveva la convinzione che vivessimo in un mondo eternamente stabile e che l'Europa del 1995, ad esempio, fosse la stessa di mezzo secolo prima. Invece in tutto questo tempo il mondo è talmente cambiato che il modello produttivo europeo non è più adeguato. Prima il predominio tecnologico europeo e nordamericano è stato indubbio e incontestabile, poi la concorrenza degli stati asiatici è stata tale da metterci in crisi. Prima la natalità europea era notevole, e c'erano più bambini che pensionati, poi il peso dei vecchi (per le pensioni e per l'assistenza medica) è divenuto schiacciante. Prima lo Stato ha largheggiato, in tutte le direzioni, pensando che il futuro avrebbe pagato i debiti del passato, ora siamo al momento in cui quel futuro è arrivato e ci si accorge di non avere di che pagare. Certo, il cambiamento non è né chiaro né facile. Come risolvere il problema dell'enorme debito pubblico, che potrebbe risolversi in una pioggia di fuoco? Come convincere tanti milioni di cittadini che, per sopravvivere nel mondo com'è, devono rassegnarsi a un tenore di vita modesto? Come spiegare a chi fa parte delle varie “caste” che non è scritto da nessuna parte che debbano lavorare meno degli altri e avere più vantaggi degli altri? Ecco perché questa crisi non è congiunturale: è il metodo e il sistema che è totalmente cambiato. Mentre noi fabbricavamo cappelli, il mondo cominciava ad andare a capo scoperto. Il mondo è cambiato del tutto, ma noi continuiamo a sperare che tutto si aggiusti e si rimetta l'orologio indietro. Così non si evita la catastrofe.