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martedì 11 agosto 2015

Silvio e' il padre nobile del "renzismo"

  

Giuliano Ferrara: con un nuovo Nazareno l’ex premier si vedrebbe riabilitato. «Jobs act e nuovo Senato erano idee di Berlusconi se Matteo ha successo, l’altro entra nella Storia»

di Daria Gorodisky               11 agosto 2015



Giuliano Ferrara (Fotogramma) Giuliano Ferrara (Fotogramma)
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Forza Italia a Palazzo Madama potrebbe avere i voti decisivi per far avanzare o naufragare la riforma del Senato voluta dal governo. E, per risolvere la questione con reciproco vantaggio, nel partito c’è chi propone un esecutivo di Grande coalizione, o chi spinge piuttosto per un nuovo patto del Nazareno tenuto più in sordina... 
«Come sostengo da sempre - dice Giuliano Ferrara - Forza Italia non esiste: esiste Silvio Berlusconi ed è lui lo spazio occupato nominalmente dal partito».


In questa situazione, che cosa dovrebbe fare Berlusconi? «Un calcolo molto semplice, ma utile al suo bene e a quello del Paese: deve domandarsi se Matteo Renzi è un fenomeno effimero, oppure se andrà avanti a governare fino alla scadenza naturale della legislatura nel 2018 riuscendo, fra mille pasticci, a portare l’Italia fuori dalla crisi. Io penso che la risposta giusta sia la seconda». 
E, se quello fosse il caso, crede che Berlusconi dovrebbe in qualche modo allearsi con Renzi? «Lui è il padre nobile del renzismo. È stato Berlusconi a eliminare tutti i leader della sinistra, tutti hanno sbattuto la testa contro di lui. Così ha aperto la strada a Renzi, l’unico che non ha mai parlato di antiberlusconismo. E, con il patto del Nazareno, gli ha consentito di avviare governo e riforme. Adesso Renzi riceve le stesse critiche che venivano rivolte a Berlusconi: uomo solo al comando, pericolo istituzionale...». Che vantaggio avrebbe Berlusconi? Essere «padre nobile»? Potrebbe facilmente non sembrargli una motivazione sufficiente. «Ma come? Non può più pretendere di avere il 40 per cento di consensi, e neppure di essere il principe federatore di una coalizione fatta con Salvini, che è soltanto un chiacchierone, o Grillo. Invece, può essere il leader di un partito serio e vedersi riabilitato. Sarebbe interesse suo, di tutte le sue aziende e del Paese». E dal punto di vista dell’immagine? Non ci rimetterebbe? «Lascerebbe la sua impronta nella Storia, entrerebbe nei libri di scuola come il padrino del nuovo corso italiano. Il Jobs act era suo, Renzi lo ha realizzato; la riforma del Senato è la sua». Però con Renzi ha rotto, e in maniera piuttosto eclatante . «Questa è una formula convenzionale dei giornali e forse di Brunetta. Berlusconi è stato la leva decisiva per il varo del governo e del programma di Renzi. Poi sì, ha avuto delle esitazioni e dei capricci sul Quirinale e sul Jobs act, ma questa è la sua psicologia. E in ogni caso, bisogna tener presente che Renzi ha avviato una nuova fase generazionale dalla quale non si tornerà indietro». Insomma, lei ritiene che Berlusconi avrebbe tutta la convenienza personale ad allearsi ancora una volta con Renzi? «La rottura è stata un grave errore dovuto a un tasso di demenza e follia che c’è in Forza Italia, nel suo personale di quarta fila che non ha il senso della politica. Se Renzi fallisse, Berlusconi sarebbe marginalizzato a un 10 per cento residuale». Però, se andasse a una nuova conciliazione, Silvio Berlusconi apparirebbe ben ondivago: insieme, anzi no, anzi sì... «Ma Berlusconi è ondivago, è incerto di natura, ha molte paure. Però ha una funzione storica, dopo aver riformato la destra in senso liberale, lo ha fatto anche con la sinistra».